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Amicizia e psicoterapia: perché questi due concetti non vanno a braccetto

Flavia Cavalero Febbraio 16, 2015

Sebbene apparentemente sembri che una relazione amicale possa favorire un buon lavoro psicoterapeutico, perché si ritiene di poter parlare con maggiore disinvoltura con una persona che si conosce e, magari addirittura si frequenta, in realtà amicizia e psicoterapia non vanno a braccetto.

La relazione terapeutica ha bisogno di essere svicolata da legami affettivi preesistenti che possono offuscare sia la capacità del terapeuta di mettersi in relazione in modo professionale, sia la capacità dell’utilizzatore di aprirsi in modo creativo, ossia creando una relazione nuova in cui mostrarsi nel qui e ora piuttosto che nel là e allora già utilizzato nella relazione di amicizia.

Sappiamo bene che esistono situazioni famose di trasgressione a questa regola, addirittura storie d’amore nate tra analisti e pazienti, ma sono situazioni diverse da quella di cui sto parlando e richiederebbero un altro registro.

La questione che qui propongo riguarda la conoscenza, pregressa alla terapia, tra terapeuta e utilizzatore.
La richiesta di aiuto da parte di amici è un fenomeno molto diffuso al punto che il Codice deontologico degli psicologi vi dedica un intero articolo, il 28, che precisa, tra l’altro

Lo psicologo evita commistioni tra il ruolo professionale e vita privata che possano interferire con l’attività professionale … Costituisce grave violazione deontologica effettuare interventi diagnostici, di sostegno psicologico o di psicoterapia rivolti a persone con le quali ha intrattenuto o intrattiene relazioni significative di natura personale, in particolare di natura affettivo-sentimentale e/o sessuale…

L’articolo 28 specifica che il divieto è posto per le relazioni significative, il che lascia uno spazio decisionale di tipo discrezionale; è il tipo di legame che definisce il confine, non certo la semplice conoscenza.
L’uso comune del termine amicizia può essere fuorviante perché tendiamo a mettere tutto nello stesso calderone e in questo modo, ad esempio, il barista che incontriamo la mattina quando andiamo a fare colazione viene inserito nell’elenco degli amici, mentre amico non è.

Quanti tipi di amicizia esistono?

Può essere utile provare a differenziare tra alcuni tipi di relazione, considerando però che in letteratura si dibatteva sull’amicizia già ai tempi di Cicerone (De amicitia 44 a.C.) possiamo comprendere quanto sia complesso scindere in tutte le varianti possibili e quanto, ognuno di noi, possa avere un proprio personale elenco diversificante

  1. Conoscenza: spesso determinata dal frequentare luoghi comuni
  2. Amicizia da social network: è necessaria una ulteriore suddivisione tra:
    • A – profilo professionale (in questo caso il profilo è creato appositamente per fare conoscere la propria attività ed è gestito in modo professionale)
    • B – profilo personale
  3. Colleganza: generata dalla condivisione dello stesso ambiente di lavoro e/o di studio
  4. Amicizia: legame sociale accompagnato da un sentimento di affetto reciproco
  5. Amicizia intima: rapporto continuativo fra persone che condividono affetto reciproco, esperienze e confidenze
  6. Amicizia con implicazioni sessuali: fenomeno oggi assai diffuso, specie tra i giovanissimi, e identificato con il nome di tromba–amici

Cum grano salis, è evidente che le relazioni descritte sopra ai numeri1, 2 A e in alcuni casi anche al numero 3, sono ben diverse dalle successive. Il Codice parla di relazioni significative, che si può tradurre in coinvolgimento emotivo, e, come diceva una mia docente della scuola di specializzazione, possiamo aggiungere che “se aspettiamo di diventare famosi e di essere cercati da chi non ci conosce affatto, facciamo prima a cambiare lavoro.”
Al fine di comprendere meglio perché sia impossibile combinare amicizia e terapia, torna utile l’uso di una tabella che contrappone le caratteristiche fondamentali di funzionamento dell’una e dell’altra.

Presupposti per una relazione amicale vs presupposti per una relazione terapeutica

  • Gratuità vs Pagamento
  • Confidenze vs Segreto professionale
  • Spontaneità vs Ritualità
  • Simmetria nella relazione vs Asimmetria nella relazione
  • Affetto vs Alleanza
  • Ricordi condivisi vs Esplorazione dei ricordi
  • Reciprocità vs Focus sull’altro
  • Ascolto vs Ascolto attivo

Quando si affronta questo argomento, si ha la tendenza a trattarlo tenendo conto per lo più del ruolo dell’amico più che del terapeuta, quasi fosse una sua “colpa” o sua “responsabilità” quella di conoscere già il terapeuta e, di conseguenza, di non poter lavorare con lui.

Leggendo su Internet alcuni tra i tanti articoli sul tema, a volte ho avuto l’impressione che ci sia una specie di scarico di responsabilità, esagerando un po’ la situazione e usando un po’ di sana ironia li tradurrei così: “Cari amici, la nostra professione ha precise regole in merito e nei casi di amicizia per noi è impossibile lavorare con voi perché vi vogliamo troppo bene e non possiamo mettere il nostro sapere al vostro servizio perché voi rischiereste di fraintendere e potremmo rovinare il nostro rapporto.“

A mio parere è invece molto importante considerare anche gli aspetti che riguardano direttamente il professionista. E’ innegabile e abbiamo già visto come l’implicazione affettiva possa introdursi nel campo terapeutico ed impedire al professionista di considerare aspetti che possono risultare offuscati da un coinvolgimento personale.
Ma c’è dell’altro.
Parte integrante di una psicoterapia è il pagamento della prestazione, in questo ambito la corresponsione di un costo ha un valore che non è solo quello economico ma, e soprattutto, è simbolico e ha un suo preciso ruolo all’interno della stessa terapia. Al contempo sappiamo bene quanto i rapporti economici siano scivolosi in ambito di amicizia e questa è parte di cui si dovrebbe fare carico il professionista in caso decidesse di intraprendere comunque il rapporto terapeutico.

Inoltre, e a mio parere questo è ciò che più di tutto impedisce questo tipo di commistione, noi conosciamo l’amico, e l’amico conosce noi. Gli psicoterapeuti fuori dal loro studio si comportano come tutti fanno: hanno una loro vita privata, ridono, piangono, hanno affetti, stringono relazioni deludenti e altre meravigliose, sono simpatici o antipatici, hanno le loro più o meno piccole manie. Il terapeuta risulterebbe se non nudo, perlomeno poco vestito di fronte all’altro e questo non agevolerebbe un comportamento professionale. Questo sentirsi spogliato andrebbe fortemente a colpire il suo ruolo causando una perdita di efficienza e di efficacia del suo lavoro.

Tutto questo, e probabilmente ancor di più, lo troviamo sul piano del concreto.
Sul piano proprio della psicoterapia, che è quello della psiche, entrano in gioco ancora ulteriori, fondamentali, elementi che fanno sì che una commistione tra amicizia e terapia sia altamente sconsigliata. Per il bene di chi offre il servizio e di chi lo utilizza.

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L’immagine è di Us National Archive via Flickr

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