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Educazione siberiana. Sull’amicizia e sulla vita che chiede sempre il conto

Elena Bottari Febbraio 19, 2013

A quattro anni dalla sua pubblicazione, il romanzo Educazione siberiana di Nicolai Lilin è in uscita nelle sale cinematografiche  per la regia di Gabriele Salvatores. Dal 28 febbraio potremo visitare Fiume Basso e conoscere il giovane Kolima alle prese con un mondo duro, con una vita da combattere secondo le regole della comunità di criminali onesti da cui discende.

Rispetto delle donne, dei bambini, difesa dei più deboli, solidarietà, uso responsabile e sciamanico delle armi, rifiuto della droga, lotta alla polizia corrotta, sono solo alcune delle regole vigenti nell’enclave siberiana guidata dagli anziani e da nonno Kuzia (John Malkovich nel film), vera e propria autorità morale. E’ bello tornare a Educazione siberiana dopo i quattro successivi libri di Nicolai Lilin, autore che abbiamo imparato a conoscere anche attraverso i suoi articoli su Espresso, attraverso il suo lavoro di ricerca sul tatuaggio (presente anche nel film in modo tutt’altro che marginale) e sull’arte più in generale.

La storia dell’adolescente Nicolaj e del suo gruppo di amici ci ha tenuto compagnia per anni, si è sedimentata nell’immaginario. Trama di amicizia e di onore, racconto di una vita esposta alla violenza, questa storia è diventata anche italiana. In qualche modo ci riguarda, ci permette di capire meglio una realtà di cui, prima di questo romanzo, non si era mai parlato qui. Ora quando conosciamo una persona dell’Est ci facciamo qualche domanda in più, abbiamo forse qualcosa di cui parlare, se non altro possiamo chiedere “Hai letto educazione siberiana?” Se la risposta è si il repertorio comune non manca, se è no abbiamo una bella storia da narrare e chissà che non sia il punto di partenza per ascoltarne di nuove, dalla viva voce di chi incontriamo.

Alzi la mano chi aveva mai sentito parlare della Transnistria prima di Educazione siberiana! Per noi italiani Siberia era al massimo una straordinaria avventura digitale di Benoit Sokal. Nicolai Lilin evoca invece, in modo realistico e suggestivo, un mondo scomparso e lo fa rivivere per noi nel suo libro. Siamo impazienti di vedere quello stesso mondo attraverso gli occhi di Gabriele Salvatores, regista tra i più visionari e poetici del nostro cinema.

Non di sola violenza vive questa storia che ci parla di amore variamente declinato, amore tra nonno e nipote, amore filiale, amore tra amici che si coprono le spalle, che pescano insieme, che sanno tutto l’uno dell’altro, che non si abbandonano mai. Si potrebbe dire che Nicolaj sia venuto su secondo regole rousseauiane.

La condotta di vita a cui il giovane protagonista si ispira sembra mediata  dall’esempio della natura. Come lupi solitari in una società corrotta dal facile denaro e dalla sopraffazione sui più deboli, i criminali onesti sradicati dalla Siberia, non scendono a compromessi con il mondo che detestano. Fare la fame è più onorevole che perdere la libertà e ritrovarsi con la pancia piena. Tutto ha un prezzo, anche se non è in denaro. E nessun prezzo potrà restituire la dignità a chi si macchi di un delitto.
Chissà se nel film ci sarà spazio per il limone rubato all’orto botanico per la mamma che ha perso suo figlio? Chissà se questo piccolo dettaglio Mediterraneo che ci fa pensare a Goethe e a Mignon

 

Conosci tu la terra dove fioriscono i limoni,
gli aranci dorati rilucono fra le foglie scure,
una mite brezza spira dal cielo azzurro,
il mirto immoto resta e alto si erge l’alloro,
La conosci tu, forse ?
Laggiù, laggiù
Con te, amore mio, io vorrei andare.
Conosci tu la casa ? Il tetto riposa su alte colonne,
risplende la sala, la stanza riluce,
e si ergono statue di marmo che mi guardano:
Che cosa ti hanno fatto, povera bambina ?
La conosci tu forse ?
Laggiù, laggiù
Con te, mio difensore, io vorrei andare.
Conosci tu la montagna e il suo sentiero fra le nuvole?
Il mulo cerca il suo cammino nella nebbia
Nelle grotte vive la stirpe antica dei draghi;
Si sgretola la rupe e su di essa si chiudono i flutti;
La conosci tu, forse?
Laggiù, laggiù
E’ il nostro cammino; andiamo, padre mio!

(Kennst du das Land, wo die Zitronen blühn… Dal Wilhelm Meister di Goethe, il più celebre romanzo di formazione della storia della letteratura) troverà un posticino?
Questo dettaglio ci sembra dare ancora più importanza alla scelta di Nicolai Lilin di fermarsi in Italia e di compiere qui il proprio cammino.

Articolo di Elena Bottari

L’immagine è di Brooklyn Museum

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