Psicomamme: genitorialità, consapevolezza e creatività

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Flavia Cavalero, psicologa a Torino e voce di Psicomamme.it

Elena Bottari Febbraio 26, 2018

Cosa possiamo aspettarci quando decidiamo di ricorrere alla professionalità di uno psicoterapeuta? Un percorso di autocomprensione, di analisi dei propri nodi gordiani, delle proprie sofferenze e un aiuto nella ricerca di un maggiore benessere psicologico. Esistono molti diversi approcci alla psicanalisi, ognuno dei quali vanta robuste tradizioni.
Per avere un’idea pratica di cosa succeda nello studio di analisi, ho chiesto a Flavia Cavalero di raccontare il suo metodo e i suoi maestri.

La mia formazione di psicologa è iniziata con la Laurea in Psicologia con orientamento del lavoro, delle organizzazioni e della formazione e, in questo ambito, mi occupo da anni di formazione e comunicazione. Mi sono successivamente specializzata in Psicoterapia psicoanalitica individuale e di gruppo ad orientamento gruppoanalitico.

Si tratta di un orientamento psicodinamico, i cui padri sono Bion e Foulkes, che è centrato sul gruppo e sui gruppi. L’errore più comune è quello di pensare che si lavori solo in gruppi di persone, ma non è così visto che in realtà ognuno nella propria mente convive con i suoi gruppi mentali (famiglia, amici, studio, lavoro, società, fantasie ecc ecc ). Sono partita da qui e, tornassi indietro, ripartirei da qui. La scuola gruppoanalitica ha una sua salda e forte teoria di riferimento, ma abbraccia molte altre teorie e permette di conoscere tutti gli orientamenti più validati. E’ così che ho praticato lo psicodramma e la psicologia analitica. E’ così che ho incontrato Jung e poi, da lì, i successori dei suoi studi.

In generale posso dire che non sono molto ortodossa come psicoterapeuta, perché a parte i primi colloqui di inquadramento e di conoscenza reciproca (diciamo da tre a cinque incontri, ma in genere a tre mi fermo) in cui chiedo di raccontare la vita fino a quel momento, uso il genogramma per capire i legami famigliari e faccio una prima indagine sui miti e sui riti familiari, cerco di conoscere i gruppi mentali delle persone, poi vale tutto. Gli strumenti che uso sono tanti: lo storytelling, le metafore, la letteratura, il cinema, le fotografie, i disegni e l’arte in generale. Mi succede di usare anche le tecniche dello psicodramma, anche con una sola persona. La scelta di uno, nessuno o centomila di questi strumenti dipende da molte variabili: la difficoltà di espressione verbale, la difficoltà di ricordare, la mia difficoltà di comprensione. Di volta in volta è una volta diversa, anche con lo stesso individuo.

Accompagno le persone in un percorso interiore ma allo stesso tempo cerco di stare in equilibrio con il piano di realtà. Ecco, forse equilibrio è una parola chiave. Insieme ad associazione, altra parola chiave fondamentale. Credo che se impariamo a fare associazioni tra quanto è interno e quanto è esterno da noi, allora riusciamo anche a mantenere il giusto equilibrio che ci permette di non perdere di vista la nostra interiorità e di affacciarci al mondo.

Cerco di far venire allo scoperto le emozioni, queste sconosciute. Molto spesso sento citare il famoso “Vaso di Pandora” che in molti vogliono aprire per arrivare però subito al ritrovamento della speranza, con l’illusione di poterlo fare senza fare prima uscire tutte le emozioni, sensazioni e parti negative che ci appartengono. E questo mi porta agli insegnamenti di Jung che mi sono molto cari: l’Ombra nel mio lavoro è un concetto fondamentale, come lo sono gli Archetipi. Ma il mio sguardo si rivolge anche ad altri autori e le loro teorie, i loro studi, guidano il mio lavoro. Tra loro Hillman è un punto di riferimento fermo e quando si riesce a capire quale sia il Mito che ci guida, o che ci ha guidati fino a quel momento, allora si comincia ad avere più chiaro il percorso. Tra gli autori recenti mi ispiro fortemente ad Antonino Ferro, con la sua teoria il mio lavoro ha preso una svolta. il sogno non è più definito solo nella dimensione onirica ma comprende il materiale che viene portato nella stanza d’analisi. Il sogno come chiave, come guida che conduce i due co protagonisti verso lo svelamento

Cerco di aiutare le persone a conoscere loro stesse, perché solo così è possibile capire gli altri e solo comprendendo ciò che appartiene a noi stessi e ciò che appartiene agli altri possiamo affacciarci alla vita in modo nuovo, possiamo avvicinarci a quella individuazione che ci ha indicato Jung. Individuare noi stessi è il nostro compito, è la nostra via, tortuosa, impervia, complessa ma che ci porta allo stare bene.

Altro concetto chiave è l’Amore, che alla fine è il mio di Mito. Chi lavora con me, fatica molto. Tutto questo è un percorso difficile, non lunghissimo, ma complesso.
Credo di dare il massimo alle persone che si rivolgono a me, credo che la “funzione pensiero” sia quella che esercito maggiormente. Penso a loro tantissimo, studio e approfondisco ogni situazione su libri e cerco contatti con tutte le forme artistiche. Spesso sogno i loro racconti, perché ognuno di loro diventa parte di me. Non chiudo mai la porta dopo le sedute. Nemmeno a termine del percorso.

Qui su Psicomamme.it potete trovare alcuni miei articoli e, se volete immergervi in un mio percorso – tipo, potete leggere il mio libro Mi ci hanno mandata. Ovvero un approccio possibile alla psicoterapia.

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