Psicomamme: genitorialità, consapevolezza e creatività

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Il parto in casa

Elena Bottari Ottobre 8, 2012

Non sono un’ostetrica e non mi occupo di nascita da un punto di vista professionale o scientifico però, avendo avuto due figli a casa mia, vorrei raccontarti la mia esperienza, aldilà delle ideologie e dei condizionamenti medici o “new age”, su cui spesso si arena la discussione su questo argomento.

Premessa medica

Nel caso del mio primo figlio, la decisione di farlo nascere in casa è stata presa al sesto mese di gravidanza. Prima di approdare al servizio di parto a domicilio del Sant’Anna, ho “provato” due ginecologi.
Il primo era una donna, gentile, competente ma sfacciatamente pro-vita. Al primo mese di gravidanza le ho chiesto, tra le mille altre cose, informazioni sul tritest e sugli altri screening pre-natali. Io non ne sapevo nulla, volevo solo qualche spiegazione. Lei mi ha subito detto che dovevo prima chiarirmi le idee su cosa avrei fatto in caso il bambino fosse down.

Non so tu ma io, ad un mese di gravidanza, non avevo nessuna intenzione di immaginare situazioni del genere, né mi andava di decidere a tavolino, come si trattasse di una questione di fede, cosa avrei fatto. Io di fede religiosa non ne ho granché e, se mai facessi parte di una comunità di credenti, ne sceglierei una che difendesse la libertà di scelta.

La seconda esperienza è stata infinitamente migliore ma esclusivamente “medica”. La sfera delle emozioni, le paure, i dubbi rimanevano fuori dalla porta e il consiglio che ricevevo era di affidarmi alla sua esperienza, perché così sarebbe andato tutto bene.
Ecco, a me, quando mi dicono fidati di me, non ti preoccupare, viene subito da preoccuparmi.

La scelta del luogo del parto

La decisione quasi irremovibile di non partorire in ospedale, l’ho presa durante una visita ad un’amica che aveva appena avuto la sua prima bambina. Il parto è stato difficoltoso, la mamma era molto provata e, nonostante i tanti cartelloni che invitavano ad allattare al seno, non ha avuto grande aiuto dal personale dell’ ospedale. La bambina era in neonatologia e, per vederla, doveva chiedere il permesso. Fin qui solo elementi razionali.

Il lato istintivo della scelta è emerso quando, in attesa di poter vedere la mia amica, stavo in corridoio con il mio mega-pancione. Un giovane medico, più giovane di me che allora avevo 30 anni, è venuto da me è mi ha detto, “lei è la prossima!”. Io ho pensato qualcosa tipo “nemmeno per sogno” e gli ho detto che ero al sesto mese, che aveva sbagliato diagnosi. La mia decisione era belle che presa, non avrei mai partorito con sconosciuti, per di più propensi a considerarmi un pollo in batteria.

La prima esperienza di nascita in casa

Marco è nato in casa una notte del 2007, dopo una sera passata al cinema, a vedere uno dei più brutti film della storia del cinema, che mi vergogno a citare. A mezzanotte precisa mi si sono rotte le acque. Ho sentito il classico rumore di un palloncino che esplode!

Abbiamo avvisato le ostetriche, mi sono fatta una doccia calda e ho accompagnato con i vocalizzi il travaglio. Le contrazioni sono diventate regolari e dolorose verso le tre del mattino e Marco (se fosse stata una femmina l’avremmo chiamata Lea), è nato.
Le ostetriche sono state fantastiche perché, praticamente senza parlare, mi hanno seguita, incoraggiata con la loro presenza discreta ma partecipe e aiutata nel modo migliore che potessi desiderare. Hanno svolto la parte “scientifica” del loro lavoro quasi senza che me ne accorgessi, sempre con tatto e grande sensibilità, muovendosi nelle stanze silenziosamente, quasi a voler cancellare la loro presenza.
Il fatto di conoscerle mi ha aiutata a non avere paura, a esprimere liberamente anche il dolore, a non sentire mai che stavo facendo un compito. Con loro non ho mai temuto che mi dicessero frasi odiose, o che mi dessero ordini come “spingi”, “mettiti così”, “fai cosà”. Solo silenziosa e vibrante assistenza fisica e morale!

Marco è nato con due giri di cordone ombelicale attorno al collo e un giro “a bandoliera”. Quando ha lasciato definitivamente l’utero, Anna, una delle due ostetriche che mi seguivano, l’ha svoltolato come una specie di gomitolo e poi l’ho visto, con gli occhi già aperti!! Le ostetriche mi hanno aiutata ad attaccare Marco al seno. Non lo hanno lavato o pettinato o aspirato. Non gli hanno dato zuccheri o roba simile.

I racconti di parto di solito finiscono qui, anche quelli filmici.
Eppure il parto non è concluso, la placenta deve ancora nascere. Credo che ci sia una specie di tabù sulla placenta, non se ne parla quasi mai. E’ però un organo a tutti gli effetti, un organo che prima non c’era, il primo gioco del bambino, il primo cuscino, la prima sua fonte di consolazione “abbracciabile”.
Con la placenta ho faticato un pò, alla fine, d’accordo con le ostetriche abbiamo tagliato il cordone ombelicale e aiutato “il materassino” di Marco ad uscire.

Il lavoro dei miei angeli custodi non è finito con la nascita di Marco, mi hanno aiutata ad avviare l’allattamento, cosa tutt’altro che facile nel mio caso. L’allattamento ha cominciato ad andare bene davvero verso l’ottavo giorno. Fino ad allora dovevo aiutare la montata lattea con il tiralatte, tisane e molto esercizio di poppata.
Marco era parecchio vispo, talvolta anche parecchio nervoso. Con l’aiuto delle ostetriche del parto a domicilio, tutto si è risolto nel migliore dei modi e, da allora, l’allattamento ha risolto infiniti problemi : )

Il secondo figlio nato, anche lui, a casa

Con Luca, ho saltato tutta la fase di dubbi e incertezze vissuta la prima volta, ho subito contattato le ostetriche che conoscevo ormai bene. Mi sentivo molto più stanca rispetto alla prima gravidanza e ho avuto qualche piccolo problema che la prima volta non avevo avuto. Mi hanno dato ottimi consigli e dato tutta l’assistenza, anche psicologica, di cui avevo bisogno. Poi, per una questione burocratica, non ho potuto proseguire il percorso con loro e mi sono rivolta ad un’ottima ostetrica professionale privata che, assieme ad una sua collega esperta di allattamento, mi ha seguita egregiamente.

Il parto è stato super-veloce! A onor del vero, il travaglio si è svolto in due parti. Una notte ho avuto una serie di contrazioni, non perfettamente regolari, e, due giorni dopo Luca è nato. Le ostetriche hanno avuto appena il tempo di arrivare che mi si sono rotte le acque e, dopo solo 10 minuti, il piccolo è nato. Aveva anche lui gli occhi aperti e una faccia stupita davvero buffa!

Con lui, i problemi di allattamento, sono stati ancora più complessi perché aveva vari impedimenti alla suzione

  • un frenulo cortissimo
  • una suzione a schiocco che non è proprio il massimo (il bambino ingurgita aria e succhia poco latte)
  • le fossette (possono essere un problema quando si creano solo al momento della suzione, avere le fossette, di per sè, non ostacola l’allattamento)

E’ stata dura! Io mi tiravo il latte con il tiralatte elettrico, provavo ad attaccare lui che però mangiava pochissimo e gli davo il latte mio tirato, più un pò di latte artificiale con la siringhetta e il sondino, attaccato al mignolo con il nastro adesivo. La soluzione è stata tagliare il frenulo! Fatto questo Luca ha iniziato a succhiare come un matto e tutto si è aggiustato.

Alla fine Marco ha preso il mio latte 21 mesi e Luca, a 18, non ha intenzione di smettere!

La mia storia ti ricorda particolari della tua? Raccontami la tua esperienza di parto e allattamento!

Foto di Marcia per l’umanizzazione del parto tratta da Flickr

Articolo di Elena Bottari

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