A sentire molti genitori accade un fatto strano, i figli subiscono delle vere trasformazioni, all’improvviso, da angeli a demoni.
Andava bene a scuola, i suoi compagni venivano a studiare a casa, non chiedeva mai niente, il sabato e la domenica veniva con noi, la sera andava a letto presto, ci raccontava tutto.
D’un tratto è cambiato, si chiude in camera sua, risponde male, non vuole raccontare niente, a scuola non va più bene, chiede di uscire, sembra non essere mai contento.
Nei racconti genitoriali c’è spesso una nota nostalgica quando non di vero e proprio rimpianto, come se tutto accadesse nonostante i loro sforzi per impedire il verificarsi del fenomeno.
Rispetto ad alcuni anni fa qualcosa è cambiato, fortunatamente si sente sempre meno l’accusa alle “cattive compagnie”, almeno un mito è stato sfatato. Sono, però, ancora molti i genitori che si sentono sorpresi dal fenomeno ADOLESCENZA, come ci fosse la speranza di una sorta di immunità, qualcosa del tipo “a mio figlio non succederà niente di tutto questo perché ….”, chissà perché, chissà cosa è che fa immaginare di poter essere esonerati da questo passaggio.
L’adolescenza è quel periodo in cui avvengono grandi cambiamenti sia nel corpo, sia a livello psicologico e relazionale, è considerato un passaggio difficile e, a volte, problematico. Se si pensa che tutto ciò riguardi solo il diretto interessato, si commette un grande errore, l’adolescenza è (soprattutto) un fenomeno che dà origine a grandi cambiamenti sul piano relazionale. E’ un importante percorso di cambiamento che si riflette sulle relazioni familiari, prima ancora che con quelle amicali, e i genitori hanno grande responsabilità sulla direzione che può prendere.
Ci si deve preparare con largo anticipo anziché restare stupiti del suo arrivo ed è possibile farlo perché, in realtà, il passaggio avviene gradualmente e non “all’improvviso”.
Non c’è un’età precisa uguale per tutti, ci sono casi di precocità come altri di ritardo, ma ci sono segnali, di tutti i tipi, che ci avvisano che sta arrivando, sta a noi decifrarli.
Questo lavoro di decodificazione in effetti è piuttosto semplice, direi quasi naturale; diventa quindi interessante chiedersi cosa faccia sì che, per alcuni genitori, sia così difficile da accettare.
Cosa è che può rendere difficoltoso accettare la crescita del proprio figlio?
Alcune ipotesi:
- Mentre il corpo del fanciullo cambia nel senso dello sviluppo, quello del genitore cambia nel senso opposto
- Mentre il figlio va verso la gioventù, il genitore va verso la vecchiaia
- Mentre il figlio è alla ricerca del potere, si preannuncia la perdita di potere genitoriale
- Mentre il figlio cerca e crea altre relazioni, ai genitori viene a mancare quella che, per anni, hanno considerato la relazione per eccellenza
- Mentre il figlio cerca e proietta fuori dalla famiglia i suoi obiettivi e i suoi desideri, ai genitori viene a mancare l’oggetto principale delle loro proiezioni
Sembrerebbe, dunque, che chi ha da perderci nella conquista dell’autonomia del figlio siano proprio i genitori, specialmente coloro che hanno investito nel ruolo genitoriale degli aspetti che, in realtà, nulla avevano a che fare con lo stesso ruolo. Mi riferisco, ad esempio, a quei casi in cui si è tanto sperato che “non faccia gli errori che ho fatto io” o a quei casi che “non ho potuto farlo io, speriamo che lo faccia lui” e, ancora, “io non ho avuto niente, è giusto che almeno lui …”.
Non credo che esista genitore al mondo che non desideri il meglio per i propri figli, questo è il denominatore comune, ma il limite tra questo desiderio e l’invasione di campo è molto sottile. Non possiamo sostituirci ai nostri figli, non possiamo fermare il tempo, ma possiamo CON loro e fin dalla più tenera età, costruire un rapporto di amore e fiducia che li accompagni per la vita. Anche quando vorranno farsi un tatuaggio, un piercing e i capelli arancioni.
La foto della famiglia è di National Archief