Sono le 8.15 del mattino ed è tardi. E’ sempre tardi quando si tratta di convincere due esemplari della specie umana dell’età di 2 e di 5 anni a prepararsi per recarsi fuori dalla tana domestica, in direzione di un altra tana, ben più ricca di regole e disciplina, chiamata “asilo”.
NOTA: Essere in due (madre + padre) dovrebbe facilitare il compito, ma in realtà, si ingenerano spesso delle dinamiche che rendono il tutto ancora più arduo, ma non voglio toccare questo aspetto per ora (ne parleremo magari in un prossimo post, se mai la piscomamma mi ospiterà ancora su questo blog). Concentriamoci sull’annoso problema del far vestire i bambini prima di uscire.
Il penoso rituale della vestizione
La vestizione , per i mammiferi umanoidi chiamati “bambini”, è di per sè una pratica del tutto incomprensibile e priva di senso. Non è solo una perdita di tempo sottratta ad attività ben più gratificanti, è anche credo percepita come una violenza imposta dal genitore al loro innato gusto in fatto di abbigliamento. Chi ha dei figli sa di cosa parlo per cui inutile dilungarmi su questa anomalia che affligge molte famiglie di questa parte del mondo civilizzato.
Non tratterò qui del bambino di 2 anni, perchè mi dicono che a 2 anni l’essere umano non è in grado di vestirsi da solo (tanto meno mettersi le scarpe) e va quindi vestito da un adulto… beh, io non lo credo affatto, credo sia solo un problema di training, di pazienza e di sforzo pedagogico, ma anche su questo aspetto non voglio sollevare dei polveroni adesso con le mamme in ascolto, per cui parlerò solo della vestizione del bambino più grandicello, quello di 5 anni che ha tutte le “carte in regola” svolgere questo immane compito in totale autonomia.
Ebbene mio figlio di 5 anni (che qui chiamerò semplicemente “il Nano” per proteggermi da eventuali denunce o incursioni dei servizi sociali), non ha mai percepito, come molti suoi coetanei, alcun interesse per la vestizione mattutina. A distanza di anni e nonostante l’adozione di svariati espedienti motivazionali (es. le gare a chi si veste prima, incentivi di vario genere, etc..) ancora non aveva instaurato l’abitudine di vestirsi da solo e, venuto il momento di prepararsi per uscire, la sua risposta era molto spesso una sola: FUGA! Scappare via dai vestiti come se fossero “idee nere” del Piccolo Principe (il cartone di yoyo), o altre creature maligne tratte dal vasto inventario di personaggi pericolosi – ma anche un pò pazzerelli – da cui ama fuggire (o farsi rincorrere).
In questo scenario, la reazione della psicomadre , estenuata ormai da anni di tattiche e strategie di corto respiro che – ora lo sappiamo – non risolvono il problema alla radice, si ritrova immancabilmente a ripetere, in tono di crescente intensità e progressiva esasperazione, solite varianti dello schema:
TU DEVI vestirti!
ADESSO tu ti vesti!
METTITI I VESTITI che dobbiamo uscire!
cui seguono di norma le minacce ..
MI STO PER ARRABBIARE..
GUARDA che CHIAMO LA MAESTRA M…che ti viene a prendere lei!
ORA FACCIO UN VIDEO che ti ritrae mentre fai i capricci e lo mostra alla maestra M…
Tutte frasi che si risolvono al 99% in un nulla di fatto. Il Nano non si veste da solo. Non ne capisce la necessità e anzi nutre il proprio bisogno di eccitazione e adrenalina approfittando della situazione per giocare a “so che ti piacerebbe quindi io non mi vesto”.
Per smarcare la cosa e fare in modo che Il Nano esca di casa vestito (anzichè in pigiama o in mutande) si finisce quindi spesso col prenderlo di forza, immobilizzarlo, e vestirlo come si potrebbe vestire un manichino che scalcia e si muove in continuazione. Un’esperienza avvilente per la madre, per il figlio e ovviamente per il padre, che – solitamente – sta a guardare la scena a debita distanza e con aria incredula. Lui sa che il giorno seguente, al momento di uscire, si ripeterà la stessa storia, come nell’eterno ritorno di Nietzche, a meno che qualcuno non prenda in mano la situazione….
E qui entro in scena io, il saggio padre, con la soluzione che vado a presentarvi e che ha cambiato per sempre questa incresciosa situazione.
La svolta della via ZEN alla vestizione “stress free”
In che modo ho convinto il Nano ad abbandonare la riluttanza verso l’atto del vestirsi? A installare in lui una salda abitudine al vestirsi da solo?
Ho scelto la via del NON FARE, la via del LASCIARE ANDARE, una via un pò buddista, taoista o zen alla vestizione, ma che funziona ALLA GRANDE!!
Il principio è molto semplice: io non forzo la cosa in nessun modo. Perchè fare prove di forza, muro contro muro, giocare a rincorrerti e costringerti a fare una cosa di cui non percepisci l’importanza… perchè usare violenza? Io TI LASCIO FARE!
Non vuoi vestirti? Preferisci stare in mutande o con il pigiama sporco di dentifricio, yoghurt e cioccolata? NO PROBLEM !! Per il papi non ci sono problemi… io ti consiglio di vestirti, perchè credo che un abbigliamento consono alle condizioni meteo e alle esigenze di decoro dettate dalla vita civile sia preferibile, ma non posso certo costringerti con la forza ogni mattina. Se la necessità di vestirsi è davvero una necessità e non solo un vezzo degli adulti, beh è qualcosa che deve emergere spontaneamente, non può essere una verità imposta. La comprensione deve nascere dall’interno, non può essere forzatamente instillata dall’esterno, per essere duratura e autentica.
Per fare questa operazione, devo approfittare però di un momento di assenza della madre, che mai permetterebbe un simile approccio “sconsiderato” verso la vita e l’educazione, ma sono fortunato, e colgo l’occasione al volo per dare una svolta definitiva a questa penosa situazione.
Prendo per mano il Nano, con gentilezza, abbandonando ogni aspettativa di vederlo vestito e lo tratto “come se fosse vestito”. Insieme – molto serenamente – usciamo di casa, per dirigerci verso l’asilo. Non ha le scarpe ai piedi e indossa solo la parte di sopra del pigiama, esattamente come desiderava. Ma va bene così, resisto alla tentazione di forzare la natura a tutti i costi e seguo la corrente.
Usciti dalla porta di casa, il contatto dei piedini sul pianerottolo freddo lo fa saltellare e rabbrividire un poco, ma in fondo si diverte di questa esperienza insolita, per cui chiamo l’ascensore e scendiamo al piano terra. Sfortunatamente nel percorso non incrocio vicini di casa, cosa che avrebbe sicuramente agevolato il rinforzo negativo sulla psiche del Nano, ma evito così anche probabili discussioni imbarazzanti sul tempo. Fuori infatti ci sono 5° , e piove un pochino…
Conduco il Nano verso l’esterno della casa, coprendomi bene con il mio cappotto perchè fa davvero freddo per essere Aprile, e gli faccio notare che il suo pigiama non ha neppure il cappuccio, a differenza della mia giacca. Mentre ci dirigiamo verso l’auto, attraversando il selciato che porta sul marciapiede, il Nano, titubante lamenta di avere freddo e si rifiuta di procedere a piedi nudi sotto la pioggia. Ma come ? Puoi fare benissimo a meno dei vestiti no?
A questo punto è sufficente solo indicare con un dito i miei anfibi e con l’altro i suoi piedi nudi a contatto con il terreno bagnato, e di colpo qualcosa nella sua testa scatta, si illumina, si apre…alla fine comprende…comprende l’importanza delle scarpe, dei vestiti e di tutto quello che fino a pochi minuti prima era vissuto come un insulso rituale privo di scopo. Il “satori” della vestizione autonoma è sbocciato in lui. Mi guarda con aria di complicità e guardandomi con rinnovata fiducia mi dice solo poche parole, che mi riempiono il cuore di orgoglio: “Andiamo a prendere i vestiti papà, sto morendo di freddo!!”
Da quel giorno il Nano, prima di uscire di casa, si assicura sempre di avere dei vestiti da indossare e se li mette in totale autonomia. Ora non vedo l’ora di applicare questo sistema educativo Zen ad altri ambiti come, il “lavarsi” oppure il “mangiare quando è ora di mangiare” etc.. solo avrei bisogno di un favore: chi mi tiene la psicomamma lontano da casa per il tempo necessario?
L’autore di questo post è Roberto di Pendolando che ringraziamo 🙂
La foto è di Nationaal Archief