Django Unchained, epica western “en travesti”
Elena Bottari Febbraio 9, 2013Per festeggiare Carnevale in modo diverso, consigliamo la visione di Django Unchained, pura epica western “en travesti”. Vedrai che il travestimento e il gioco teatrale hanno un ruolo non da poco. Valletto e “signore” si scambiano la parte e non è difficile immaginare chi sia il vero trionfatore di questa pellicola che, nel migliore spirito carnevalesco, rivoluziona un rapporto di forza.
Schiavi camminano a stento a causa delle catene. In mezzo alla neve e al ghiaccio sono vestiti di stracci. Lavorano senza posa e sembra che quello sia il crudele destino loro imposto dall’uomo bianco.
La fortuna però si avvicina con le sembianze di un dentista girovago tedesco, dal linguaggio forbito, elegante e sorridente. Gli schiavisti a cavallo sono sicuri di avere la meglio, sono armati, sono in due, hanno potere di vita e di morte sui loro schiavi ma non hanno dato il giusto peso al gioco delle apparenze e al caso, o se vogliamo ricorrere ad un termine teatrale, al deus ex machina (il tipo che arriva e ribalta la situazione). Nuove prospettive si aprono, lo schiavo viene liberato, Django accetta un patto con il dentista. In cambio del suo aiuto a inseguire criminali, il puntiglioso ma romantico tedesco lo accompagnerà in una missione quasi disperata.
Perché accettare? Perché la storia sull’abominio della schiavitù si arricchisce di un nuovo elemento, quello dell’epica. Django è Sigfrido che deve liberare Brunilde affrontando un’impresa che sembra impossibile. Un’avventura a cui ogni tedesco vorrebbe poter contribuire!
L’iniziazione al mestiere di cacciatore di taglie è parallela a quella di attore. Django imparerà a interpretare dei ruoli, a servirsi del teatro per raggiungere il proprio scopo. In qualità di paggio prima e di mediatore nell’acquisto di schiavi poi, riesce a trovare Brunilde e, grazie al suo complice che si finge interessato all’acquisto di guerrieri mandinghi, sta quasi per liberarla.
Un anziano schiavo, vera eminenza grigia nonché complice del proprietario della piantagione e l’onore del dentista (che non vuole in alcun modo riverire uno schiavista) manderanno all’aria tutto. Un nuovo totale ribaltamento del destino. Sembra finita ma non è così. Ricorrendo all’arte del travestimento, Django ritorna in sella e compie il proprio destino di angelo vendicatore. Giustizia sarà fatta, alla maniera di Tarantino. Ma, questa volta in modo davvero inequivocabile, nonostante il solito mal di mare da violenza a profusione, si esce dalla sala consapevoli di aver visto un grandissimo film.
Perfetto per la sceneggiatura, gli attori, la regia, la musica, i costumi. Il western è la cornice in cui prende vita una crudo ritratto della schiavitù per come fu davvero. Storia d’amore e di amicizia, riflessione sul gioco delle parti nel teatro e nella vita.
Articolo di Elena Bottari
L’immagine è di OSU Special Collections & Archives via Flikr