Sfidando le mareggiate Psicomamme è finalmente sbarcato al Tff. Abbiamo visto un film davvero acuto e particolarissimo della regista Lorraine Lévy. Il figlio dell’altra (Le fils de l’autre) parla di identità e lo fa a più livelli, senza mai perdere di vista l’aspetto umano ed emotivo di ciò che noi chiamiamo “appartenenza”, “origini”, “patria”.
Il film si svolge a Tel Aviv e in Cigiordania. Non è subito chiaro dove l’azione si ambienti perchè la famiglia di Joseph, ragazzo adolescente prossimo al servizio militare, parla francese prima ancora che ebraico. Siamo a Parigi, siamo in Israele? Per quale esercito Joseph intende prestare servizio? Il dilemma si chiarisce in tempo perchè ne nascano altri. Quanto dell’essere figli e genitori è dovuto al dna, quanto alla relazione di amore che si instaura? Cos’è un fratello? Si può essere fratelli, figli, padri di chi consideriamo “nemico”?
All’inizio del film due famiglie scoprono di aver cresciuto il figlio “sbagliato”. La famiglia di Joseph è israeliana, quella di Yacine è palestinese. Nati entrambi ad Haifa con il pericolo dei bombardamenti, i piccoli sono stati portati in salvo e messi in incubatrice. Dopo l’allarme l’infermiera ha scambiato i bambini per errore.
E’ così che Joseph, sognatore amante della musica scopre di non essere più ebreo (questo gli dice il rabbino che fino a poco tempo prima lo considerava uno degli studenti migliori della scuola ebraica) e Yacine, di ritorno da Parigi dove ha conseguito il diploma e sta per iniziare il corso di laurea in medicina, viene quasi rifiutato dal fratello in quanto non musulmano.
I due ragazzi si conoscono e vanno subito d’accordo. Hanno lostesso problema: dare un senso a questa scoperta. Le madri sono combattute tra dolore e desiderio di conoscere il loro bambino cresciuto lontano ma, in fondo, già parte di loro.
Per i padri è tutta un’ altra storia. Il padre di Joseph è un colonnello dell’esercito isrealiano, il padre di Yacine è un ingegnere che ha dovuto accontentarsi di fare il meccanico perché non può lavorare fuori dal proprio villaggio. Sulla famiglia pelestinese pesa il dolore per un figlio morto da bambino per mancanza di un ospedale. I due uomini si scontrano quasi fin sa subito, parlandosi addosso e adducendo le ragioni dei rispettivi popoli di appartenenza. Non vorrebbero nemmeno conoscere il proprio figlio naturale, preferirebbero dimenticare tutto. Poco alla volta però, l’atteggiamento aggressivo e spaventato dei due l’ascia posto al silenzio solidale e alla comprensione che, da personale, riesce forse anche a diventare una comprensione tra popoli.
Meno si dice di un film, meglio è. Così è una sopresa!! Sappi però che si tratta di un film bellissimo, ottimamente recitato, commovente senza essere retorico e anche pieno di un sottile senso dell’umorismo che nasce soprattutto dai due giovani che, tra battute surreali e frecciatine amichevoli, capiscono che il fatto di vivere uno la vita dell’altro li vincola a viverla bene, non a caso.
Viene in mente il finale di Broken flowers, di Jim Yarmush, in cui il protagonista, interpretato da Bill Murray, sa di avere un figlio chissà dove e non potrà più vivere come se niente fosse. Qualunque ragazzo incontrato per strada potrebbe essere proprio il figlio che non ha mai conosciuto!
Tu hai visto questo film? Ti viene voglia di andarlo a vedere?
Puoi ancora farlo giovedì, alle 17 e 15 al Lux 1!!!
Foto dossier de presse Le fils de l’autre
Articolo di Elena Bottari