Sede del sapere, centro di potere, parcheggio, baby sitter in muratura, palestra di vita, luogo di socializzazione un po’ coatta, cosa rappresenta la scuola per noi e per i ragazzi? La scuola forma i cittadini, veicola i valori laici dello Stato, i principi di uguaglianza che dobbiamo all’Illuminismo ma è anche lo specchio della nostra società, un po’ malata, un po’ irresponsabile e distratta.
I genitori affidano i figli agli istituti scolastici nella speranza che ne escano persone migliori e che i loro talenti vengano valorizzati. Una scuola capace di colmare lacune e di temprare capacità già acquisite però presuppone un impegno di ragazzi, genitori e docenti, una certa vocazione al miglioramento che, ammettiamolo, non sempre c’è.
Spesso i professori evidenziano le famose “lacune” come peccati capitali irrimediabili o marchi d’infamia, spesso i ragazzi danno la colpa ai professori che ce l’hanno con loro e altrettanto spesso i genitori vedono come seccature inaccettabili i normali intoppi dell’apprendimento, prendendosela un po’ con i figli, un po’ con i prof (forse più con i prof).
Ecco alcune domande da porsi per capire dove ci collochiamo rispetto all’eterno dilemma sul ruolo della scuola e sul nostro apporto al suo funzionamento.
- La scuola, in particolare quella superiore, è una fabbrica di voti? Tutto dipende dal valore che diamo alla scuola, da quanto siamo disposti a investire perché le cose funzionino e dall’importanza che diamo ai giudizi più che al percorso di apprendimento.
- Perché tenere a casa i ragazzi per prepararsi alle verifiche, ai compiti o per evitare l’interrogazione quando non si sentono di sostenerla e, probabilmente, prenderanno un brutto voto? Non si può parlare di scuola e di buona scuola senza affrontare questo tema spinoso e volentieri rimosso. La scuola italiana, così com’è e così come la consideriamo, allena ad essere cittadini responsabili o ad essere furbi?
- La attività extrascolastiche come le uscite in teatro o le gite, sono vissute come momenti che interessano davvero a tutti o come un rito obbligatorio?
E’ necessario riflettere davvero sul senso dell’istruzione come la conosciamo. La nostra scuola non incoraggia l’intraprendenza dei ragazzi e non insegna nemmeno a lavorare in gruppo.
Che due su sei ragazzi lavorino per tutti, mentre gli altri scherzano e parlottano, non è lavoro di gruppo, è un’ingiustizia, è istigazione al parassitismo, è totale mancanza di democrazia e di meritocrazia nella classe.
Quanta furbizia serve per barcamenarsi a scuola, sia da studenti che da insegnanti?
La foto del cane è di Internet Archive Book Images via Flickr