Da un po’ di tempo la comunità scientifica degli psicologi dibatte la questione dei cosiddetti “counselor”, termine che deriva da counseling e che indica un’attività professionale finalizzata ad orientare, sostenere e sviluppare le potenzialità del cliente. Questa nuova professione ha generato una lunga discussione sulla sua validità in quanto non ha confini di azione ben chiari e delineati, a partire dalla formazione dei counselor stessi.
La questione fondamentale non è, a mio parere, quella di una nuova figura professionale che “invade” l’ambito psicologico, quanto la tutela dei clienti.
Tutte le professioni che hanno a che fare con la cura della persona, dove per cura si intende il prendersi cura prima ancora che il “guarire” (concetto che merita un articolo a parte), agiscono in ambiti molto delicati. Milton Mayeroff afferma che
La cura è sempre aver cura di un’altra persona e questo aver cura, nel suo senso più significativo, è aiutarla a crescere, ad attualizzare sé stessa.
Le professioni di cura mettono le mani nell’intimo, nel profondo, nell’animo degli individui e una mano non adeguatamente addestrata, una conoscenza parziale e/o improvvisata può causare sicuramente dolore quando non gravi conseguenze.
A questo punto diventa importante confrontare e comunicare quali sono i titoli necessari per svolgere la professione di psicologo e di psicoterapeuta e di counselor, sia come gli utenti possono tutelarsi.
I counselor espongono un diploma che davvero hanno conseguito magari in tre anni di corso; tre anni che spesso si concretizzano ognuno in una decina di week end e poco più. A questi corsi hanno accesso tutti coloro che sono in possesso di un diploma di scuola secondaria di secondo grado e che sentono una “predisposizione personale”.
Lo psicologo ha frequentato l’Università, ha conseguito una laurea in 5 anni di corso (al 3° anno si ottiene il primo livello di laurea, nei successivi 2 la laurea magistrale), ha svolto un lungo tirocinio presso strutture autorizzate, ha sostenuto un Esame di Stato ossia un esame pubblico con cui lo Stato valuta l’idoneità all’abilitazione professionale dei laureati aspiranti a esercitare professioni Ordinistiche, cioè che fanno riferimento ad un Ordine professionale che norma le condotte e organizza le attività. Inoltre lo psicologo non può esercitare se non iscritto all’Ordine degli Psicologi che ne registra l’esistenza nell’Albo degli Psicologi.
A questo percorso se ne aggiunge un secondo per ottenere la qualifica di psicoterapeuta, che in sintesi si raggiunge dopo ulteriori 4 anni di studi e 4 anni di tirocinio gratuito (con una presenza di lavoro pratico di circa 160 ore l’anno).
PICCOLA GUIDA PER CLIENTI DI PSICOLOGI E PSICOTERAPEUTI
E’ esperienza di molti professionisti quella di ricevere i clienti e non sentirsi mai porre alcuna domanda circa la loro professionalità. La relazione tra terapeuta e cliente è asimmetrica per definizione a partire dal presupposto che c’è una persona che porta una sofferenza ed un’altra che la accoglie e che è indubbiamente in una posizione di vantaggio, ma ciò non toglie, anzi semmai ne accresce la necessità, che il cliente debba essere informato sulla competenza del professionista che sceglie.
Qualche suggerimento:
- Verificare dal sito dell’Ordine degli Psicologi l’iscrizione del professionista
- Chiedere che tipo di formazione ha il professionista: è psicologo? è anche psicoterapeuta?
- Chiedere dove ha esercitato
- Chiedere quali sono le tematiche, gli argomenti, i fenomeni di suo maggiore interesse
- Informarsi anche attraverso una ricerca su Internet su eventuali pubblicazioni, partecipazioni a convegni, pubblicazioni di articoli
Articolo di Flavia Cavalero
Foto di National Library NZ