Furbi si nasce o lo si diventa a scuola? Check list per orientarsi nel dilemma
Elena Bottari Gennaio 23, 2015Sede del sapere, centro di potere, parcheggio, baby sitter in muratura, palestra di vita, luogo di socializzazione un po’ coatta, cosa rappresenta la scuola per noi e per i ragazzi? La scuola forma i cittadini, veicola i valori laici dello Stato, i principi di uguaglianza che dobbiamo all’Illuminismo ma è anche lo specchio della nostra società, un po’ malata, un po’ irresponsabile e distratta.
I genitori affidano i figli agli istituti scolastici nella speranza che ne escano persone migliori e che i loro talenti vengano valorizzati. Una scuola capace di colmare lacune e di temprare capacità già acquisite però presuppone un impegno di ragazzi, genitori e docenti, una certa vocazione al miglioramento che, ammettiamolo, non sempre c’è.
Spesso i professori evidenziano le famose “lacune” come peccati capitali irrimediabili o marchi d’infamia, spesso i ragazzi danno la colpa ai professori che ce l’hanno con loro e altrettanto spesso i genitori vedono come seccature inaccettabili i normali intoppi dell’apprendimento, prendendosela un po’ con i figli, un po’ con i prof (forse più con i prof).
Ecco alcune domande da porsi per capire dove ci collochiamo rispetto all’eterno dilemma sul ruolo della scuola e sul nostro apporto al suo funzionamento.
- La scuola, in particolare quella superiore, è una fabbrica di voti? Tutto dipende dal valore che diamo alla scuola, da quanto siamo disposti a investire perché le cose funzionino e dall’importanza che diamo ai giudizi più che al percorso di apprendimento.
- Perché tenere a casa i ragazzi per prepararsi alle verifiche, ai compiti o per evitare l’interrogazione quando non si sentono di sostenerla e, probabilmente, prenderanno un brutto voto? Non si può parlare di scuola e di buona scuola senza affrontare questo tema spinoso e volentieri rimosso. La scuola italiana, così com’è e così come la consideriamo, allena ad essere cittadini responsabili o ad essere furbi?
- La attività extrascolastiche come le uscite in teatro o le gite, sono vissute come momenti che interessano davvero a tutti o come un rito obbligatorio?
E’ necessario riflettere davvero sul senso dell’istruzione come la conosciamo. La nostra scuola non incoraggia l’intraprendenza dei ragazzi e non insegna nemmeno a lavorare in gruppo.
Che due su sei ragazzi lavorino per tutti, mentre gli altri scherzano e parlottano, non è lavoro di gruppo, è un’ingiustizia, è istigazione al parassitismo, è totale mancanza di democrazia e di meritocrazia nella classe.
Quanta furbizia serve per barcamenarsi a scuola, sia da studenti che da insegnanti?
La foto del cane è di Internet Archive Book Images via Flickr