Psicomamme: genitorialità, consapevolezza e creatività

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Topo dopo topo di Bruno Tognolini: un pifferaio di Hamelin diverso dagli altri

Elena Bottari Febbraio 5, 2015

A volte dai libri nascono spettacoli teatrali e a volte accade il contrario. Topo dopo topo, di Bruno Tognolini, è un libro che sa di teatro e, anche per questo, è bellissimo da leggere ai bambini che apprezzano molto la musicalità, gli scherzi, il botta e risposta e i colpi di scena. C’è la ricca, teutonica, città di Hamelin nel 1284, piena di commercianti e di comari, una città senza poesia e con molte salsicce. Comprare è ciò che conta, sprecare è la parola d’ordine per far felici i cittadini ma soprattutto il Borgomastro. Ci sono tuttavia altri esseri contenti dell’opulenta spreconeria dei cittadini, sono i topi che hanno invaso la città.

Serve qualcuno, sia anche “diavolo o giudeo”, che salvi Hamelin. Arriverà il pifferaio, musicista incantatore che promette ai topi un posto migliore. Il suadente straniero è un po’ come un politicante, sa scegliere le parole e comporle in incanti di musica e rima entusiasmanti. La fiaba prende una strada più oscura dopo il tradimento del Borgomastro che si rifiuta di pagare e sbeffeggia il musicista che ci rimane molto male.

Questa storia si ispira alla versione della poetessa Marina Cvetaeva ma ha un finale “costruttivo” e uno sviluppo decisamente femminista. Greta, la figlia del borgomastro, è la maestra della città che non si farà incantare dalle parole del pifferaio, di cui riconosce la bellezza ma di cui non condivide la malafede.

In mezzo a tante forze oscure (la grettezza dei cittadini, l’invidia delle pettegole donne della città e la rabbia omicida del poeta) solo Greta, la “fata maestra ragazza” ha un’idea, un’alternativa per i bambini, che sono il futuro di Hamelin ma che non meritano di crescere senza libertà e senza fantasia. Come Tognolini scrive nella postfazione, c’è sempre un altro modo. C’è sempre una città nuova da fondare, da qualche parte oltre le montagne. E sarà sempre una città migliore.

Il pifferaio è arrabbiato e consapevole del proprio potere ma non è cattivo. Questa è la sua poesia del No, il Canto del no poeta.

 

 

Signore, io non suonerò per te.

Né mai per nessun altro come te.

Le vedi le mie dita? Colibrì!…

Io ci ho messo una vita, a suonare così.

E tu le vuoi comprare per denaro?

Lo sai cosa ti dico? Non sei abbastanza ricco.

Ti è chiaro?

E anche se lo fossi, non basta.

Perché se te la vendo, la musica si guasta. Non posso farci niente, è così.

Hai visto come tira, il colibrì,

con quelle alette piccole di vetro?

Hai visto quanta gente porta dietro?

Se gli metto la briglia,

per farlo andare dove vuoi tu,

lui fa come tua figlia: non vola più.

Né io né tu facciamo un buon affare.

Allora, Borgomastro, lascia stare.

Hai soldi, hai case, è tua questa città:

forse sei un po’ ubriaco di realtà.

E vuoi l’unica cosa che io ho.

 

E io non te la do.

 

Mi spiace, ma non suonerò per te.
Né mai per nessun altro come te.

 

 

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