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Cinema di libertà al #TFF31: 3 capolavori da non perdere

Elena Bottari Novembre 26, 2013

Cinema di libertà e generazioni a confronto in New Hollywood, la ghiotta sezione del #TFF31 da cui abbiamo abbondantemente attinto. Vecchi e giovani si incontrano nei tre titoli che abbiamo scelto: Harold e Maude, Sfida nell’Alta Sierra e Targets.

Harold e Maude

Harold non ha mai vissuto.
Maude ha molta esperienza e ancora voglia di vivere, nonostante la sua vita sia stata segnata dal dolore. Ha smesso di combattere ma conduce una sua individuale ribellione quotidiana. Ama le cose che crescono, ha le radici nella terra, comunica con la vita e con la sua “danza”.

Harold inscena la sua morte “a beneficio” della madre che non prende mai nemmeno in considerazione l’ipotesi di ascoltare cosa lui abbia da dire. Perfetta nel fisico e nei modi, la terribile (e comicissima) madre del ragazzo è l’esatto opposto di Maude.

Tra una seduta psicanalitica e un’autoimpiccagione Harold trova un’amica. La porta con sé a fare picnic davanti ad edifici in via di demolizione ma Maude si chiede se simili passatempi, pur appassionanti, siano sufficienti. Insieme salvano alberelli soffocati dallo smog, fanno capriole e sfuggono alla polizia. Si piacciono e, forse, si sono incontrati proprio al momento giusto.

La vita come Maude la intende non è per forza felice ma è una sorpresa continua e una rivendicazione del diritto ad essere diversi. La donna insegna a Harold che tutti hanno il diritto di rendersi ridicoli, che non bisogna dare troppo peso al giudizio del mondo e che vivere, anche facendosi male, è meglio che tenersi ai margini. Uno è la salvezza dell’altro. Entrambi raggiungono uno stato di pura felicità che non prelude ad un happy end ma ad una specie di rinascita.

Humor nero e meravigliosi dialoghi per un inno alla libertà sulle note di Cat Stevens. Pieno di immagini indimenticabili e spesso poetiche, Harold e Maude è road movie, pellicola sentimentale, film di formazione, storia di una contestazione filosofica che ripudia l’infelicità e i meccanismi della società. Il mondo è ancora troppo affezionato alle gabbie ma forse c’è un modo per vivere la propria vita da esseri liberi.

Sfida nell’alta Sierra

Il vecchio ma ancora ruggente sceriffo Judd si candida per un’impresa difficile: trasportare oro dall’Alta Sierra alla banca cittadina. La sua vista non è più quella di un tempo, ha gli stivali bucati e un obiettivo segreto: riabilitare la propria autostima dopo anni di lavoro da buttafuori. I numerosi agguati subiti e le pallottole ricevute da difensore della legge, non sono valsi la gratitudine della comunità o un gruzzoletto per una buona vecchiaia ma c’è qualcosa che vale più del riconoscimento degli altri, l’amor proprio.

Come il banchiere che lo assolda spiega bene, non è più il tempo dei cercatori d’oro ma degli uomini d’affari. Non sulle montagne, però. Lì la legge, impersonata da un giudice sempre attaccato alla bottiglia, è troppo ubriaca. Lì il potere degli affaristi ha ancora bisogno delle pistole di Steve Judd e del suo vecchio amico Gil Westrum.

I due, assieme al giovane impulsivo Heck Longtree, socio di Gil, partono verso la miniera d’oro. Il tema dell’oro come fonte di perdizione attraversa questo film. Bene e male non sono mai così chiaramente separati come nella Bibbia. Errare è umano ma la dignità separa gli uomini dai filibustieri. Lo sa bene Steve, che da giovane era magro e cattivo come un serpente ma ha trovato un maestro che gli ha insegnato la differenza.

La ricchezza fa gola a Gil che sa come al funerale di un vecchio uomo di legge senza un soldo non si possa contare su una grande partecipazione di pubblico. Assieme ad Heck, Gil ha deciso di rubare l’oro, con o senza la complicità di Judd.

Sulla via per arrivare all’oro, i tre pistoleri chiedono ospitalità ad un pio quacchero  che vuole proteggere la figlia dal male, negandole ogni libertà. La ragazza si unirà al trio per andare a sposare il suo fidanzato minatore e si pentirà amaramente di questa scelta quando si troverà tra le grinfie dei fratelli del suo avvinazzato promesso sposo. Lungo la strada dell’oro, giunti in una città di vizio e prevaricazione, i quattro protagonisti dovranno usare il piombo per salvarsi la pelle.

L’equilibrio della comitiva si rompe. Judd scopre la slealtà di Gil ma non è finita qui.
C’è ancora tempo per un ultimo duello e per una riappacificazione tra vecchi amici. Ci si può dimenticare chi si è ma non per molto. Come in ogni western che si rispetti, l’eroe se ne va da solo, con lo sguardo pieno di un bel paesaggio.

Un film perfetto, come tutti i film di Peckimpah. Malinconico ma anche pieno di bellezza e di humor, Sfida nell’alta Sierra è un film sull’onore e sulla possibilità di migliorare. Al giovane Heck, testa calda dal cuore buono, il compito di portare il testimone degli eroi del vecchio west.

Targets

La stella del cinema horror Byron Orlok vuole andare in pensione. Pensa che i castelli e le trame spaventose dei suoi film non possano più tenere il passo con la cronaca nera e con la violenza della contemporaneità. Si sente un relitto di epoche ormai passate, un anacronismo vivente.

Darà l’addio alle scene alla proiezione del suo ultimo film. Non ha voglia ma lo farà per accontentare la sua saggia segretaria e il giovane sceneggiatore che ha deluso, rifiutando di leggere il film che ha costruito su di lui come è veramente, non sul suo personaggio.
Non hanno fatto i conti con la banalità del male quotidiano, impersonato da un giovane alienato dallo scarto tra i colori pastello delle case, dalla superficialità delle sue relazioni e il fascino mortifero delle armi che colleziona. Un giorno, Bobbie decide di fare quel che gli riesce meglio, sparare. Si ucciderà dopo aver ucciso, senza un motivo preciso.

Il bravo ragazzo americano trucida la moglie, la madre e il fratello, premurandosi di coprire le macchie di sangue con asciugamani. Preso il suo arsenale, uccide numerose persone in un tiro a segno che si conclude con la fuga, all’arrivo della polizia.

Finirà la giornata al drive in dove è in programmazione il film della star al crepuscolo, impersonata da un grandissimo e autoironico Boris Karloff.
Lì sparerà ancora ma verrà messo in scacco dal vecchio attore e dal suo personaggio, entrambi d’accordo nella ferma determinazione di porre fine al gioco crudele ed asettico del giovane cecchino che, di fronte al grande Orlok e agli schiaffi ben assestati e meritatissimi che gli riserva, si accuccia in un angolo e inizia a piangere come un bambino.

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