Ormai da anni vengono condotte ricerche e studi sul problema degli sprechi alimentari, e se ne parla diffusamente. Assistiamo ad una una vera e propria campagna informativa che intende raggiungere tutti i target. Se ne parla nelle scuole sulla base del principio per cui è meglio prevenire che curare, ci si rivolge agli operatori del settore sperando di trovarli particolarmente sensibili in quanto per loro spreco equivale a guadagno perso e si informano i consumatori per educarli a un nuovo comportamento (molto vecchio in realtà poiché è il comportamento che ha preceduto quello del consumismo sfrenato).
Psicomamme.it ha iniziato a parlarne quando ancora se ne sapeva poco, erano stati pubblicati i primi dati e la sensibilità al tema non era molto diffusa. Sono passati tre anni dal nostro primo articolo sullo spreco alimentare, pubblicato nel 2014.
Cosa è cambiato nello spreco italiano?
- Qualcosa nel comportamento complessivo dei consumatori è stato modificato, l’attenzione allo spreco è cresciuta, la sensibilità è aumentata. Ma siamo lontanissimi dalla meta di uno spreco a zero.
- Sono stati divulgati molti studi che sono facilmente reperibili in rete. Il tema è nell’agenda delle Istituzioni.
- Buona parte della grande distribuzione si è attrezzata per ridurre il fenomeno e lo stesso vale per i gestori di esercizi e locali pubblici.
Una vera e propria riduzione degli sprechi sia a livello individuale e ancor di più a livello complessivo è però ancora da raggiungere. Infatti, in base ad uno studio del Politecnico di Milano*, in Italia il 58,1% degli sprechi alimentari viene generato dalla produzione (trasformazione, distribuzione e ristorazione), mentre il restante 41,9% dai consumatori. Questo vuol dire che si produce ancora male e che si acquista ancora più del necessario. Questo vuol dire che qualcosa ancora non va bene.
Bene comune
E’ necessario cambiare atteggiamento nei confronti degli alimenti; fino a quando considereremo il cibo solo come prodotto finito, senza tenere conto del processo produttivo e delle conseguenze di questo sull’ambiente e sull’ecosistema non ridurremo in modo sensibile lo spreco. E’ necessario un cambiamento di paradigma che ci permetta di smettere di considerare il cibo come merce per iniziare a pensare al cibo come bene comune.
La locuzione bene comune ci può portare su diverse strade, alcune anche impervie in quanto è diventata dominio di molte discipline: qui è usato nell’accezione più semplice possibile, a indicare l’insieme delle condizioni di vita che favoriscono il benessere e di tutti. Questo cambio di paradigma genera in modo quasi automatico un cambio di atteggiamento e di comportamento perché induce a pensare a cosa c’è dietro al prodotto che si va ad acquistare e anche a cosa c’è in prospettiva. Se al momento degli acquisti non stiamo su questo registro, è altrettanto automatico sprecare fin dalla scelta del prodotto che comperiamo. Se non si pensa che un cibo prossimo alla scadenza verrà gettato via del rivenditore, che per produrre quel cibo sono state utilizzate energie (umane e non), moltissima acqua e il territorio, e se non si pensa che per smaltire quel cibo si ripeterà la stessa catena (acqua – energie umane e non – territorio), allora il cibo prossimo alla scadenza non lo si acquisterà.
Questo processo di consapevolezza è complesso e richiede molta attenzione e un grande coinvolgimento personale. In palio c’è qualcosa di fondamentale che è il nostro habitat: la terra non può più essere sfruttata in questa maniera esagerata, l’ambiente non può più sopportare un tale inquinamento. Diamo per scontato che tutto resti così come è e ci rifiutiamo di guardare in faccia la realtà, sebbene ogni giorno Madre Natura ci faccia vedere quanto sia arrabbiata con noi. Il clima è il segnale più evidente che ci sta dando.
Le risorse naturali non sono infinite
Le risorse non sono infinite, l’acqua che per noi è vitale tanto quanto l’ossigeno, non è infinita. Noi la buttiamo, ogni giorno gettiamo via centinaia di litri di acqua senza nemmeno averne la percezione.
Avete mai pensato a quanta ne serve per produrre:
- Un hamburger – 2400 litri
- Un uovo – 140 litri
- Un chilo di pasta – 1924 litri
Se consideriamo l’acqua contenuta nei cibi, quella che per noi è invisibile ma che è stata utilizzata per la produzione, ognuno ne utilizza 6.309 litri al giorno. Allo stesso modo non è infinito il terreno che sfruttiamo per produrre cibo che poi buttiamo. E’ un vero e proprio paradosso che ci si ritorcerà contro e lo sta già facendo.
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L’immagine anti-spreco è tratta da Library of Congress