Spesso si sente parlare di “consumatori”, categoria che ci comprende tutti, come fossimo tutti uguali, da tutti i punti di vista. Non è esattamente così, il comune denominatore è l’acquisto e l’uso di servizi, ma declinati in modi assai diversi, a seconda delle nostre abitudini, conoscenze, consapevolezze, livelli culturali e stato economico. I consumatori non sono un monolite, ma hanno mille sfaccettature. La teoria del processo decisionale da questo punto di vista è molto chiara e ci dice che si parte da un bisogno e a questo si aggiungono molte variabili. Variabili che vanno da quelle dello status, a quelle culturali, a quelle ambientali, a quelle valoriali, a quelle cognitive, eccetera. Dunque cosa decidiamo di fare durante i saldi e come lo facciamo non è rappresentabile con un tratto retto e lineare.
Ma prima ancora di dedicarci alle variabili dovremmo partire dal bisogno, perché le prime teorie a riguardo sono del 1900 e il concetto di BISOGNO INDOTTO o del FALSO BISOGNO non esisteva ancora. Oggi si parla di un bisogno che spesso non c’è ma che è creato ad hoc dal marketing, dalla pubblicità… Abbiamo cambiato registro e non parliamo più di un vero bisogno (inteso alla Maslow) ma di un DESIDERIO che noi percepiamo come un bisogno. Oggi, per la maggior parte di noi, il BISOGNO può essere quello alimentare, il resto è DESIDERIO. Provate a passare una stagione senza fare shopping e vi accorgerete che non vi è mancato nulla, perché i nostri armadi e le nostre scarpiere sono colmi di capi, quindi non abbiamo bisogno di averne degli altri.
Allora cosa ci spinge all’acquisto? L’emotività, per lo più l’emotività. Il desiderio di apparire, di essere come gli altri (e gli altri come noi), di avere status simbol che ci rappresentino, di essere notati, di fare quella “bella figura” di antica memoria. E’ quello che si chiama acquisto d’impulso.
Ma quali sono i motivi che ci fanno fare la corsa ai saldi? Ognuno ha il suo, in realtà non c’è UN motivo, ma tanti motivi. Ma ci sono strategie che attirano di più e altre di meno o, per meglio dire, ci sono strategie che attirano un certo tipo di pubblico e altre ne attirano un altro.
Qualche esempio:
La vetrina oscurata, quella che non ti permette di vedere all’interno, per alcuni risulta attraente, incuriosisce e rende quel segnale riconoscibile come l’indicazione che lì si possono “fare affari”; per altri sarà invece un invito a non entrare perché verrà considerato come il segnale che sia meglio non esporre la propria merce in vetrina perché non meritevole. Per altri ancora rappresenta la possibilità di girare in un negozio che fa i saldi senza essere visti … A ognuno la sua interpretazione, ma se seguiamo le indicazioni del marketing moderno, questa tecnica è oggi fortemente sconsigliata, se la possono permettere solo i marchi noti, dove non hai bisogno di vedere in vetrina cosa offrono perché già si sa e si entra a colpo sicuro.
Le code davanti ai negozi. Funzionano se parliamo di griffe e funzionano ancora di più se in coda c’è un testimonial famoso che mai sapremo se è lì sul serio o su commissione.
Il saldo al 70 per cento o più. Funziona quando è reale, perché le persone sono informate e sanno che un tale sconto è sostenibile solo su merce non recente o che comunque il venditore non ha convenienza a trattenere … Insomma i consumatori non sono un monolite e hanno imparato a verificare i saldi.
E all’interno dei negozi vengono usati trucchi per invogliare gli acquisti? Certo che sì, si va dal posizionare vicino alla cassa prodotti accattivanti che non costano molto, al diffondere musica che rende l’ambiente più piacevole (più un cliente sta in un negozio più aumenta la probabilità che acquisti), lo sconto per il prossimo acquisto in periodo non di saldi e poi… I NUOVI ARRIVI, la merce non in saldo. Che ci piace sempre di più, che percepiamo sempre come più bella… semplicemente perché non la avevamo ancora vista.
E i marchi che fanno saldi privati? Funzionano, perché fanno sentire il consumatore come privilegiato, “è riservato a me”, toccano un po’ le note narcisistiche… non siamo sul principio di realtà, ma in pieno principio di piacere, direbbe Freud.
E le grandi griffe che i saldi proprio non li fanno? Qui siamo in ambito esclusivo, siamo proprio nel terreno del “lei non sa chi sono io”, il saldo renderebbe l’oggetto meno desiderabile perché non esclusivo.
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