Perché lasciarsi è un evento doloroso
Elena Bottari Gennaio 7, 2014Rotture, separazioni, distacchi dalle persone a noi care generano sempre sofferenza. Ogni individuo è un essere unico, ma ci sono fenomeni che sono universali e la conseguenza della rottura di un legame è tra questi.
Seguendo il filone degli studi avviati da Bowlby, che vi abbiamo già presentato anche in altre occasioni, nel caso della rottura di un legame di attaccamento si vivono tre fasi in sequenza:
- La protesta – fase caratterizzata da reazioni smoderate quali pianto, grida, ansia e/o panico, esibiti con la speranza di influenzare il ritorno della persona andata via
- La disperazione – durante la seconda fase alla protesta subentra un periodo di inattività, con cali depressivi e sintomi psicosomatici (insonnia, alterazioni del comportamento alimentare …). Si prende consapevolezza della perdita irreparabile
- Il distacco – la persona che è stata lasciata dopo un po’ di tempo, non quantificabile perché soggettivo, si allontana dalla persona persa, e riprende la consueta conduzione della sua vita.
Tutto ciò accade anche in caso di brevi separazioni, ad esempio nei bambini che vengono allontanati dalla madre; nei casi di separazioni permanenti hanno una durata maggiore che può arrivare fino ad un anno ed oltre se le relazioni si erano già strutturate come legami di attaccamento.
Dagli studi risulta che le relazioni sentimentali di durata inferiore a 2 anni non si qualificano come legami di attaccamento, di conseguenza la loro rottura non è assimilabile a quella dei legami di più lunga durata. A riprova di questo anche la privazione della madre ha conseguenze a lungo termine sullo sviluppo di un bambino solo se avviene dopo che il legame tra bambino e madre si è stabilito, ovvero solo dopo l’ottavo/dodicesimo mese di vita.
Tutto ciò può apparire strano rispetto alle proprie esperienze personali, perché quantificare temporalmente un legame sembra non rendere conto della sua intensità. E’ esperienza comune quella di avere avuto una relazione breve, ma molto intensa.
In effetti le due cose non vanno confuse, nulla si toglie alla forza di un incontro, ma le conseguenze della rottura sono davvero diverse in base alla durata perché è con la durata che si solidifica una relazione e che si crea un legame di attaccamento. In periodi minori è possibile vivere emozioni molto forti che rappresentano altro dall’attaccamento (partecipazione, intimità, passione …).
Quando il legame è molto forte, il distacco viene vissuto a livello simbolico come un vero e proprio lutto; in questo caso è importante riuscire ad elaborarlo ossia attraversare il dolore e viverlo fino in fondo. Cercare di non pensarci, buttarsi nel lavoro piuttosto che nello studio o nel cibo non serve ad altro che ad allontanare momentaneamente la questione che non tarderà a ripresentarsi.
Ancelin Schützenberger, professore emerito di psicologia all’Università di Nizza, ha definito le fasi dell’elaborazione del lutto:
All’iniziale shock e sgomento per la perdita segue una fase di negazione di quanto è accaduto che si trasforma presto in rabbia. La consapevolezza che comincia a presentarsi determina una fase di paura e/o di depressione, quando si sarà consolidata la consapevolezza si presenterà la tristezza che è la fase da cui originerà la risalita verso l’accettazione e il perdono. La rassegnazione porterà ad una ricerca di senso e di rinascita per tornare alla serenità e a ritrovare la pace.
Se l’argomento “amore” ti interessa, leggi
- come costruiamo i nostri legami affettivi
- film d’amore
- 4 domande per capire se siamo innamorati
- che cos’è l’amore?
Articolo di Flavia Cavalero
La foto è di Nationaal Archief