Psicomamme: genitorialità, consapevolezza e creatività

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Bruno Caccia, ucciso “per il futuro”

Elena Bottari Luglio 3, 2013

Se un sito che parla di mamme e psicologia si occupa di Bruno Caccia, dirai, la situazione è proprio grave. Ecco, appunto, lo è!
Abbiamo partecipato ad un incontro su cui ogni italiano e, ancora più, ogni torinese dovrebbe essere informato.

Il 27 giugno l’ANM ha organizzato un incontro su Bruno Caccia, Le mafie al nord – L’impegno nel contrasto alla criminalità organizzata per rinnovare la memoria del Procuratore della Repubblica, assassinato sotto casa in un torrido giorno elettorale del 1983, ma soprattutto per chiedere che si faccia luce sull’intera verità sulla sua morte. Ci sono infatti gli elementi per aprire il processo che non ha chiarito i moventi e gli esecutori materiali dell’omicidio.
Giancarlo Caselli, Mario Barbuto, Paola BelloneRoberto Saviano hanno parlato di Bruno Caccia e di mafie al nord, qualcosa che non è più un fenomeno ma una consolidata realtà per cui è ridicolo fare riferimento a non meglio identificate “infiltrazioni”. Come Caselli ha sottolineato,

E’ inconcepibile che ci si stupisca quando si parla di espansione o di presenza delle mafie al nord. Sarebbe come stupirsi che la pioggia bagna. Non bisogna stupirsi ma attrezzarsi, invece pochi lo hanno fatto nonostante campanelli d’allarme.

Perché, a distanza di trent’anni, il Piemonte non è consapevole di essere una regione ad alta densità mafiosa? Non sono bastati 44 omicidi mafiosi tra il 1970 e il 1983, non è bastato lo scioglimento per mafia del Comune di Bardonecchia nel 1985? L’inchiesta Cartagine ha evidenziato un’allarmante pervasività della ‘ndrangheta nella regione e il processo Minotauro sta aggiungendo numerosi ed illuminanti tasselli al puzzle della ‘ndrangheta piemontese.
Come Paola Bellone ha sostenuto, sulla base di studi accurati sul caso, confluiti nel libro  «Il caso Bruno Caccia. La verità rivelata», scritto assieme a Sergio Leszczynski,Bruno Caccia fu probabilmente ucciso per lasciare spazio a magistrati più “morbidi” e compiacenti, perché la sua intelligenza, l’efficacia delle sue strategie, la sua visione d’insieme sul problema criminale, rappresentavano una minaccia per gli interessi economici della ‘ndrangheta. E’ probabile che fosse sul punto di importanti scoperte.

Grande organizzatore e integerrimo magistrato, Caccia ha praticamente inventato i pool, attrezzando così al meglio le forze della procura nei difficilissimi anni della lotta al terrorismo, caratterizzati da un’ incredibile violenza contro i tutori della giustizia (l’avvocato Fulvio Croce, a cui l’aula magna del palazzo di Giustizia è dedicata, fu assassinato perché esercitava il proprio dovere di fornire una difesa d’ufficio alle Brigate Rosse che invece rifiutavano ogni assistenza legale).
Come Roberto Saviano ha ben chiarito, le mafie contano sulla divisione, sulla concorrenza. Con Caccia il meccanismo della calunnia non ha nemmeno avuto bisogno di essere innescato. C’ è stata un’assordante indifferenza, un po’ snob, parecchio sabauda. Solo gli affetti hanno cercato di tenere vivo il ricordo di Bruno Caccia, la famiglia, gli amici, i colleghi. Loro soltanto hanno cercato di avvicinarsi alla verità per rendere giustizia ad un vero fondatore dell’antimafia.

Parlare di mafie al Nord frutta soprattutto in attacchi e polemiche, può costare anche la carriera. E’ un’azione che ti mette contro il sistema, un sistema che, lo provano trent’ anni di presenza quasi indisturbata dalla politica e dalla società civile, tollera bene il “corpo esterno” delle mafie, che tanto esterno forse non è mai stato.

Il potere della liquidità e delle relazioni mafiose rischia di compromettere irreparabilmente il tessuto sano dell’economia. E’ comodo pensare che si tratti di cose da “terroni”, roba con cui non sporcarsi nemmeno parlandone. Eppure l’estorsione ad esempio, quella vera, si presenta sotto le asettiche vesti del servizio: sconti alla pompa di benzina, assicurazioni a prezzi da amico, fornitori, corridoi privilegiati, in cambio di un pagamento mensile. Quasi nessuno punta più pistole alla tempia chiedendo il pizzo. Roberto Saviano ha spiegato il meccanismo adottato dalle mafie con le aziende in crisi. Il vecchio proprietario resta come testa di legno, l’azienda viene foraggiata con il denaro sporco delle mafie che viene così riciclato e reintrodotto nel mercato. In cambio: assunzioni di persone appartenenti alle clientele delle organizzazioni e situazione di totale sudditanza con la minaccia di veder andare tutto a rotoli, nel giro di tre anni.

I politici non mettono le mafie al primo posto perché hanno paura dell’ignoto, non sanno come le cose evolverebbero in mancanza del denaro contante proveniente in gran parte dalla droga. A Nord siamo più omertosi che al Sud dove di mafie si parla apertamente, dove esiste Addio Pizzo, dove per i grandi anniversari per Falcone e Borsellino presenzia tutta la città. Pensiamo che i mafiosi che “fanno impresa” siano brave persone, ci accontentiamo della facciata. Perché non scorre il sangue, perché non infrangono l’ordine costituito, anzi, forse lo rafforzano. Per paura di prendere posizione rischiamo di ripetere l’errore compiuto con Bruno Caccia, ucciso d’estate anche perché d’estate si pensa ad altro, c’è meno attenzione.

Non bisogna accontentarsi della memoria, bisogna accertare la verità sull’omicidio di Bruno Caccia, bisogna farlo per il futuro. I mezzi sono una magistratura attrezzata e indipendente e una società, politici, media e intellettuali compresi, che non si nascondano nella comoda (ancora per poco) illusione che le mafie siano un prodotto di altre regioni, di altri tempi, roba da addetti ai lavori.
Con le parole di Giancarlo Caselli

Per combattere le mafie serve una magistratura sempre più attrezzata e sempre più indipendente, che però è il contrario di quello che molti vogliono oggi.

Articolo di Elena Bottari

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