Psicomamme: genitorialità, consapevolezza e creatività

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L’importanza delle favole per i bambini

Elena Bottari Marzo 11, 2013

L’importanza delle favole per bambini è indubbia. Il mondo delle favole è magico, basta nominarlo ed evoca atmosfere fantastiche, storie meravigliose, personaggi incredibili. Il momento in cui ci viene raccontata una fiaba resta impresso nella nostra memoria per il resto della vita ed è uno di quei ricordi che ci piace trasferire perché sappiamo che non sarà vago, ma che porterà con sé tutto lo stupore e la curiosità che provavamo in quel momento. Raccontare le favole ai bambini, inventarne con e per loro è un’esperienza importante, tanto per i figli quanto per i genitori. E’ costruzione di un ricordo indelebile ed è costruzione di relazione emotiva.

Poco importa se si tratta di fiaba (narrazione della tradizione popolare) o di favola (vero e proprio genere letterario), le differenze si perdono nel mondo della fantasia e, forse per trovare una mediazione, alla fine si dice “raccontami una storia”.

Le “storie”, come le metafore, implicano un trasferimento di significato, raccontano della vita attraverso la simbologia e hanno qualcosa di simile ai sogni in cui tutto diventa possibile. Parlano ad una nostra parte interna che non ha solo a che fare con la cognizione (sappiamo bene che sono, appunto, “storie) ma anche e soprattutto con la nostra emotività, con i sentimenti, con la nostra parte fantastica e con il puer aeternus che è in noi.
Quando raccontiamo le favole ai nostri bambini, entriamo con loro in questo mondo fantastico ed entriamo in contatto con i nostri mondi emotivi. Folletti, orsi blu, tempeste, orchi cattivi, fate, gnomi e tutti i personaggi che raccontiamo, rappresentano parti delle personalità di ciascuno di noi. Grazie alle favole possiamo esternarle, renderle ridicole o grandiose, possiamo entrare in relazione con loro e tra di noi.

Finalmente, oltre al valore educativo, alle fiabe è stato riconosciuto anche quello terapeutico che consiste nella possibilità di sperimentare emozioni e di confrontarci con quelle che Jung chiama le parti Ombra, ossia le parti negative della personalità che tutti, sbagliando, fingiamo di non avere. In particolare rispetto ai bambini, alle favole può essere attribuita anche una funzione di prevenzione, perché imparano che esistono eventi negativi e non solo positivi e vi associano emozioni che poi riconosceranno come proprie nella vita reale e saranno in grado di dare loro un senso (funzione terapeutica per eccellenza).

Quei “c’era una volta … “ e “vissero tutti felici e contenti” tutelano anche le menti più giovani dapprima a distanziarsi dal racconto, se c’era una volta ora non c’è più, e poi a rasserenarsi perché se vissero tutti felici e contenti, allora ce la si può fare. Ci sono alcune favole che definirle così sembra di sminuirle, Alice nel paese delle meraviglie ne è un esempio: la si può leggere cento volte e cento volte attribuire significati diversi, comprendere in modo nuovo lo stesso episodio. E il Piccolo Principe? Il libro è sempre lo stesso, ma letto in età diverse cambia di significato. E che dire di Pinocchio? La versione originale di Collodi è quella che bisognerebbe rileggere almeno una volta l’anno.

In psicoterapia si fa qualcosa di molto simile, si racconta la propria storia e si cercano altri significati che già c’erano, ma chissà come è andata, non li avevamo messi in luce.

Se vuoi approfondire il tema della favola, leggi i nostri articoli sull’argomento e le nostre favole 🙂

Articolo di Flavia Cavalero

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