Psicomamme: genitorialità, consapevolezza e creatività

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Coprire per proteggere o per nascondere? Espressione di sé, mimesi e invisibilità

Elena Bottari Settembre 12, 2014

Ci sono oggetti e concetti polivalenti, metamorfici che zitti zitti, senza che nessuno se ne accorga, agiscono nelle nostre vite, nei nostri subconsci, passano da un’accezione positiva a una più oscura. Quel che ci fa bene, che ci scalda e protegge, può finire a diventare un velo che ci nasconde. Qualcuno magari ci dirà che è per il nostro bene.
Coprire per proteggere o per nascondere?
Non voglio parlare del burqa, su cui pure ci sarebbe da confrontarsi, ma di alcuni elementi della nostra vita quotidiana

  • la coperta
  • il trucco
  • il vestito

La coperta ci scalda, ci consola, si prende cura di noi e ci protegge. E’ quell’oggetto, a volte transazionale, che più lo tiri e più è corto e che, quindi, deve essere abbastanza grande per svolgere bene il proprio compito. Ci deve coprire completamente per difenderci dal freddo, per proteggere il nostro corpo, per occultarlo alla vista degli altri (in ospedale, ad esempio). Per proteggerci bene, insomma, deve nasconderci.
Sotto una coperta non ci siamo più, andiamo altrove. Come i bambini che costruiscono rifugi di coperte o che leggono con la pila, “sotto-coperta”, i libri preferiti.

Quando accade che la protezione nuoce alla nostra vita, alla nostra libertà? Quando la voglia di essere al sicuro inizia a farci un po’ male, a farci temere di uscire fuori dal nido, in campo aperto.
Quanto abbiamo paura di esporci? Di trovarci “nudi”, vulnerabili?

Un’altra dimensione della fortificazione (nel senso della costruzione di una roccaforte attorno a noi) del nostro aspetto ma anche della nostra più intima natura, è quella dei trucchi, della cosmesi. Che i belletti si chiamino “trucchi”, che indichino anche una serie di strategie, di artifici per ottenere degli effetti speciali, è davvero affascinante. Il trucco può essere usato per far emergere ulteriormente i nostri pregi estetici, per evidenziare un difetto in modo tale da farlo diventare un elemento di fascino e di distinzione ma può anche essere usato per nasconderci.

Un trucco aggressivo su una persona giovane e delicata, colori pastello su una donna forte, rispondono forse ad esigenze sociali o a canoni esterni più che alle proprie vere inclinazioni. L’obbligo di truccarsi per dimostrare che teniamo a noi stessi, come se chi non si trucca non avesse amor proprio, è qualcosa che ha più a che vedere con la maschera che con il viso.
E qui notiamo un’ ulteriore indicazione che le parole ci suggeriscono, una pista che ognuno interpreti come sente più vicino a sé: la maschera di bellezza. Una maschera che, applicata sull’epidermide, impalpabile e profumata, ci rende più belle (o più belli). E poi, come era rappresentato lo spirito dello specchio magico di Biancaneve? Come una maschera parlante 🙂

Chi è la più bella del reame?

E a quanti travestimenti ricorreva la perfida matrigna? A volte, come nel suo caso, messa una maschera non la si può più togliere.

Piste infinite si aprono all’irrompere del concetto di maschera.
La maschera copre le nostre vere fattezze ma è anche vero che, con una maschera, nascosti, possiamo a volte dire più facilmente la verità, rivelarci come non faremmo se non l’avessimo addosso.

Oscar Wilde così scriveva
Ogni uomo mente, ma dategli una maschera e sarà sincero.

Il vestito, come il trucco, parla di noi sia che scegliamo liberamente, sia che ci adeguiamo a norme di abbigliamento. Il vestito, lo si voglia o no, parla. L’abito però, almeno così la penso, non fa il monaco 🙂
Quel che conta, in un vestito, è il “ripieno”!

La foto delle due donne allo specchio è di The National Library of Wales via Flickr

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