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Ecosistema scuola di Legambiente ovvero in che stato è la pubblica istruzione

Elena Bottari Ottobre 2, 2021

La pandemia che ancora perdura, pur con numeri bassi, ha spazzato via il pietoso velo che copriva le magagne della scuola: spazi talvolta pericolanti e quasi sempre insufficienti, trasporti mancanti o sottodimensionati, sovraffollamento nelle classi pollaio, corpo insegnanti fragile, impaurito dall’idea degli studenti untori. Abbiamo sperimentato le quarantene, le aule covid, i teletermometri, i banchi a rotelle più cari della storia, le mascherine pannolino, i bus a capienza dell’80% con un cordone anti assembramento che lasciava vuota una parte del mezzo e teneva la  gente ammassata nello spazio restante. Il rapporto di Legambiente, Ecosistema scuola, ci restituisce il ritratto a tinte fosche della pubblica istruzione di un Paese diviso in due, di un Sud Italia che già prima del Covid aveva scuole fatiscenti, doppi turni, servizi inesistenti, palestre solo sognate e che a causa della pandemia ha chiuso i battenti per due anni con tragiche conseguenze sull’abbandono scolastico.

Durante la pandemia è stato evidente quanto il servizio di trasporto pubblico non sia stato in grado di rispondere alle richieste di spostamento degli studenti e sia stato, nel tempo e in emergenza, sostituito dal trasporto individuale a carico delle famiglie.

Il Centro Italia ha ben il 67,8% di scuole con classi a tempo pieno e il Nord quasi il 40% a fronte di un distantissimo 9,5 % del Sud e 18,4% delle Isole.

Comuni che finanziano attività per under 14. lo fa mediamente poco più di un’amministrazione su due ma anche qui con differenze sostanziali:62,9% al Nord, 50% al Centro, 28,6% al Sud e nessuna iniziativa rilevata nelle Isole.

Il rischio amianto la fa da padrone al Nord ma è presente anche al Sud. Sono 28.500 gli studenti italiani che frequentano scuole che avrebbero bisogno di una bonifica dall’amianto. L’azione strutturale per un’edilizia scolastica funzionale e salubre al Sud è rimandata a data da destinarsi da decine di anni. La spesa per interventi urgenti e straordinari è sotto la media nazionale al Sud e nelle Isole. Al sud si interviene urgentemente con spese medie di 41.000 euro a edificio contro una media nazionale di 71.000 euro.

Su un campione di 1.656 edifici di capoluoghi di provincia presi in analisi, risulta che quasi il 58% delle scuole non ha certificazioni base come l’agibilità, più dell’87% è sotto la classe energetica C e sul 41,4 % che sono in area sismica 1 e 2, solo poco più del 30% è costruito con tecniche antisismiche.

Le scuole del Centro-Nord hanno aree verdi fruibili nell’80% dei casi mentre nelle Isole la percentuale scende al 64% e al Sud  si attesta al 55%.

Ristrutturare e riqualificare le scuole italiane necessita di un investimento di 200 miliardi secondo le stime della Fondazione Agnelli. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza prevede una spesa di 6,8 miliardi per gli interventi più impellenti.

Le tante riforme rivoluzionarie annunciate si sono rivelate poco più che operazioni di facciata o mosse propagandistiche che hanno in realtà ridotto gli investimenti in nome di una vaga razionalizzazione delle risorse. Ora siamo ad un punto di svolta o al tracollo. La scuola deve ripartire da un ruolo nobile condiviso dalle comunità, un ruolo di emancipazione sociale e di cittadinanza.

Le indicazioni di Ecosistema scuola mirano a mettere la scuola al centro delle comunità e dei territori come leva di emancipazione sociale, di crescita collettiva e di transizione ecologica.
Ecco alcune  priorità:

  • mappare i bisogni attraverso lo strumento dell’anagrafe dell’edilizia scolastica
  • programmare gli interventi secondo una scala di priorità
  • sostenere le strutture tecniche delle amministrazioni locali che sono più indietro nel reperimento fondi e nella capacità progettuale
  • semplificare le linee di finanziamento, il loro accesso e la loro gestione
  • riequilibrare le opportunità di accesso ai servizi nelle diverse aree del Paese, garantendoli a tutti i cittadini

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