Psicomamme: genitorialità, consapevolezza e creatività

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Le origini del razzismo spiegate dal genetista Axel Kahn

Elena Bottari Novembre 9, 2019

Il tema del razzismo è quantomai attuale e vale davvero la pena ascoltare l’intervento del genetista Axel Kahn che ripercorre tutte le tappe del pregiudizio e propone l’antidoto a questa piaga che si nutre di falsità scientifiche ma soprattutto di sentimenti più o meno consci e preesistenti. Di seguito la traduzione integrale delle sue parole in una sintesi illuminante.

Una parola, un memo su quello che ci siamo sempre detti del rebus riguardante il popolamento del nostro pianeta. I primi uomini caratterizzati da un importante sviluppo del proprio volume cranico, una certa abilità nella costruzione di utensili, appaiono circa due milioni di anni or sono, all’inizio in Africa e subito dopo in Asia.

I primi uomini

Questi primi uomini conquistano una prima volta l’essenziale del piantea e in particolare, passando attraverso l’Eurasia, la Georgia,  l’Europa dove essi lasceranno dei lignaggi, uno dei quali, qualche milione di anni dopo, sarà l’uomo di Neanderthal.
In Africa si susseguono non diverse razze ma diverse specie di uomini e dopo 100.000 anni si verifica un secondo periodo di riconquista della Terra intera in due tempi. In un primo tempo le popolazioni africane dell’Est, del Sud-est dell’Africa, arrivano in Palestina, in Magreb, poi, 60.000 anni fa, arrivano in Europa e in Asia passando dall’Indonesia. A quei tempi, durante la glaciazione, il mare è basso, e conquistano l’Australia e conquistano la totalità del pianeta. Sono i nostri antenati. Immaginate, questi nuovi uomini, homo sapiens, giunti dall’Africa, trovano, nei diversi territori in cui arrivano, altre specie di uomini che si erano stabiliti lì da molto tempo, in particolare l’uomo di Neanderthal in Europa.

I sapiens in Europa

Essenzialmente, la totalità degli uomini che abitano questo pianeta, viene da una piccola popolazione, non più di qualche migliaio di Africani che hanno lasciato l’Africa tra 100.000 e 60.000 anni fa. I differenti flussi di popolazione del mondo, sono tutti venuti dall’Africa che è veramente la culla dell’umanità.

Attraverso fenomeni diversi, nelle diverse regioni del globo in cui arrivano, i discendenti di questa popolazione di homo sapiens, acquisiscono particolarità fisiche che permettono di distinguerle. La diversità umana è recente ma già importante, tanto che si riconosce facilmente una parsona del profondo Nord o dell’Alaska da una persona che abita a Tamanrasset o nell’Africa subsahariana.
Queste diverse etnie formeranno la reltà umana sulla base della quale si costruirà il concetto di razza.

Cosa chiamiamo razza? Una razza è in seno ad una specie, un insieme di individui che hanno tra loro molte più somiglianze che con qualunque altro individuo nella specie e fuori dalla propria razza. Ad esempio, due pastori tedeschi o due San Bernardo si assomigliano sempre più tra loro che con un cagnolino o con un bassotto.

Non si può parlare di razze umane

La domanda che si pone immediatamente è scientifico-biologica. Si può parlare di razza a proposito di queste differenze fisiche biologiche delle etnie apparse per diversificazione? La risposta è No! Perché ci sia una razza animale, bisogna che ci sia un isolamento riproduttivo. Immaginate bene che se gli antenati dei bassotti e dei San Bernardo si fossero sempre riprodotti tra di loro, non avemmo dei San Bernardo accanto a dei bassotti. E’ perché prima di differenziarsi, delle condizioni di stretto isolamento riproduttivo sono state create per motivi geografici o perché gli allevatori hanno voluto creare delle razze omogenee. Una razza è definita da criteri di omogeneità, stabilità e dell’attitudine ad essere definita.

La popolazione del globo, a partire dalla popolazione africana che lasciò l’Africa 100.000 anni fa, fa sì che ci sia un continuuum e che uomini e donne si siano sempre riprodotti tra di loro e che non ci sia mai stato isolamento riproduttivo. Non si può qundi certamente parlare di razze umane.

Il caso dell’insularità non giustifica l’idea di razze umane

Gli unici casi che si avvicinerebbero di più a quello di razza, sarebbero i casi di un’insularità molto antica, con un isolamento riproduttivo dovuto a questa insularità. Gli abitanti di alcune isole dell’Oceania o gli aborigeni autraliani sono senza dubbio, rispetto alla popolazione originaria, quelli che hanno avuto meno scambi genetici con l’esterno ma per un tempo molto corto. L’uomo è arrivato in Australia 50.000 anni fa. 50.000 qanni non sono niente nella scala evolutiva! La maggioranza delle razze animali sono separate geograficamente da 10 milioni di anni. Niente a che vedere!

Cos’è il razzismo?

Il razzismo è l’ideologia che attribuisce ad una razza un insieme di caratteristiche e di qualità superiori ad altre e che fanno che tali razze, depositarie delle migliori qualità, abbiano un diritto naturale a dominare le razze pretese inferiori. Questo è il razzismo.

Razze e razzismo sono due parole che hanno la medesima radice e ad una prima approssimazione si può dire che il razzismo sia un’ideologia fondata sull’esistenza delle razze e che se mai si dimostrasse che le razze non esistessero, l’ideologia dovrebbe sparire. Vi dimostrerò che non è così e che in realtà oggi, il razzismo è totalmente reso autonomo dalla realtà biologica delle razze.

Cerchiamo di vedere in modo più generale come si è strutturata la nozione di razza umana, quando è apparsa, quando il razzismo si è costituito. Vi ho detto che il razzismo era un’ideologia. Cos’è un’ideologia? Quintiliano la definiva così: un’ideologia è un insieme di pregiudizi che si attribuisce le virtù di una scienza consolidata per rafforzarsi. Se il razzismo è un’ideologia devono esserci dei pregiudizi interiori e un fenomeno di costruzione, di aggressione delle nozioni scientifiche in favore di tali pregiudizi per costituire il razzismo.

Le forme di razzismo oggi

Abbiamo molte ragioni di pensare che la base dei pregiudizi razzisti sia legata alla condizione che si edifichino e si sviluppino capacità cognitive delle prime società umane. La prima popolazione umana è molto poco densa, è costituita da gruppi, da tribù, di comunità distanziate le une dalle altre. Perché le capacità cognitive si sviluppino servono due condizioni: una condizione biologica e una condizione sociale. La condizione biologica è quella di avere un genoma umano, quella sociale è che le potenzialità biologiche codificate dal genoma riescano a svilupparsi in una comunità umana. L’esempio dei bambini selvaggi che sono sopravvissuti perché presi in carico da una comunità animale e ritrovati solo tardi nella loro vita, dimostrano che un piccolo uomo o una ragazzina umana senza lo scambio umanizzante con una società umana non accedono mai alle capacità cognitive che caratterizzano l’umanità.

Lo scambio tra gli esseri in un gruppo è fondamentale, è la condizione necessaria allo sviluppo delle capacità degli esseri del gruppo. Invece, i gruppi esterni, poco numerosi, sono totalmente inutili, non vi è scambio con loro. Non c’è senso a sviluppare gli scambi con loro, sono visti per la loro estraneità e per la minaccia che costituiscono. Prima la signora ha ricordato che nel creolo haitiano nègre significa les hommes e in effetti quando guardate cosa significano nel loro linguaggio i nomi che i popoli primitivi si danno, quasi sempre questo nome significa gli uomini o gli autentici o i veri o i puri. Questo significa che gli individui al di fuori della comunità non sono uomini, non sono autentici, non sono veri, non sono puri, non sono perfetti e non sono umani.
Chiamiamo questo sentimento egocentrismo. Abbiamo tutte le ragioni di pensare che la base del pregiudizio razzista e la spiegazione della sua universalità sia l’egocentrismo.

Aristotele

Cathrine ha spiegato i pregiudizi nell’antichità e in particolare che Aristotele parlava di schiavi per natura. Aristotele parla degli europei, degli elleni, degli africani e ciascuna di queste categorie ha delle virtù particolari. Gli europei non sanno ragionare bene, gli africani sono pigri e gli elleni invece, in mezzo, sono perfetti, sono la quintessenza. Quelli che non parlano greco sono i barbari. Questo pregiudizio razzista è particolare perché dal momento che uno schiavo è liberato, smette di essere schiavo, cambia natura e inizia ad essere un cittadino. Si tratta di manifestazioni del pregiudizio ma questo pregiudizio non ha acora acquisito tutta la sua consistenza. Prende consistenza non durante l’Impero romano, al contrario, l’imperialismo romano e il messaggio di San Paolo escludono il razzismo, Cicerone è convinto che non esitano uomini che con la ragione non possano arrivare alla virtù, fino all’anno mille, quando si manifestano tendenze cha assimigliano sempre di più al razzismo moderno e non è tanto la rivalità con l’Islam, è soprattutto l’antisemitismo, l’antigiudaismo a cristallizzare il primo concetto di razzismo.

Antisemitismo, padre di tutti i pregiudizi razziali

L’antigiudaismo comincia ad esprimersi dopo l’anno mille con tutte le caratteristiche che fonderanno il razzismo. Nel XII secolo, per esempio, al tempo della lotta per le investiture, l’antipapa Anacleto si oppone al Papa romano. Ha un antenato ebreo. La propaganda parla della maledizione del suo sangue e della sua razza, legata a questo antenato appartenente ad una “razza maledetta”. Saint Louis che era di un antisemitismo violento, dà all’antisemitismo gli aspetti di un protorazzismo in piena regola e lo si vede molto bene attraverso la dissociazione tra razza e religione presso i converso in Spagna. I converso sono gli ebrei convertiti per effetto della pressione dell’Inquisizione. Hanno un bell’essere converiti. La propaganda dice che l’infamia della razza li perseguiterà sempre e il loro accesso ad una grande diversità di mestieri è precluso.

Il primo genocidio della storia

Un momento fondamentale che consolida il pregiudizio è lo spaventoso disastro rappresentato dalla scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo, il primo genocidio reale della storia. Quando Cristoforo Colombo nel 1492, arriva a Ispanolia ci sono 3 milioni di Tainos che hanno un livello di cultura relativamente sviluppata di cui Bartolomeo De Las Casas parla. Si trattava di un popolo dedito ai sacrifici umani come tutte le civiltà amerinde ma tranquillo. Tre anni dopo, nel 1495, resta un solo milione di Tainos. Sessant’anni dopo ne rimangono 200 e poi spariranno tutti. Per discolparsi da questo disastro spaventoso che è vero per la totalità del continente americano, (quando gli europei arrivano in America ci sono 80 milioni di amerindi, questa cifra scenderà ad un milione) si parla di epidemie, di fragilità, di malattie ed è vero ma leggendo i testi di Bartolomeo De Las Casas ciò a cui si assiste è un comportamento di estrema violenza: li si mette al lavoro, se si rivoltano li si masscra. La loro condizione di vita è così spaventosa che le donne rifiutano di avere figli. I suicidi avvengono in massa. Vista la sorte che si infligge agli amerindi, Bartolomeo De Las Casas sostiene la loro causa nella controversia di Valladolid sul fatto se possiedano un anima e se appartengano alla specie umana. De Las Casas vince, si decide che gli amerindi hanno un’anima ma non si smette di massacrarli e il motivo per cui inizia la deportazione degli schiavi dall’Africa è che non ci sono più indiani. Sono stati largamente massacrati. Quando si scopre la canna da zucchero c’è bisogno di mano d’opera e questa mano d’opera sarà composta dagli africani sui quali questo pregiudizio razzista che prima non aveva interessato gli africani in modo particolare, va a giustificare la condizione che si va ad imporre loro. Da un punto di vista economico la necessità della tratta degli schiavi è evidente.

Il XVII secolo

Il termine “razza” comincia ad essere usato nel senso che i razzisti gli daranno. Prima non si parlava tanto di razza quanto di lignaggio. I due primi intellettuali che definiscono la nozione di razza sono Linneo e Henri de Boulainvilliers.

Linneo individua cinque razze umane: i mostruosi (i “malformati”), gli europei, gli africani, gli americani e gli asiatici e a ciuscuna di queste categorie Linneo assegna qualità particolari. Siamo nel razzismo perché ci sono le razze con una gerarchia delle qualità. L’altra origine del razzismo è Henri de Boulainvilliers che riprende una vecchia leggenda indiana per riuscire a consolidare la pertinenza dell’aristocrazia in Francia. Per lui gli aristocratici deriverebbero dalle fiere nazioni germaniche che assieme ai Franchi hanno conquistato la Gallia mentre il terzo stato sarebbe composto dai discendenti dei galli. Qui si vede evidentemente, assieme alla lotta di classe, l’idea di razza inizia a costruire il suo aspetto ulteriore.

Il XIX secolo

Il pregiudizio razzista si trasforma in ideologia scientifica. Il pregiudizio razzista usa la potenza e la forza della scienza consolidata per rafforzarsi. La scienza in questione è prima di tutto la teoria dell’evoluzione che indica che tutte le specie sono in lotta le une contro le altre, che questa lotta per la vita è il motore dell’evoluzione di tutti gli esseri viventi e alcune persone traspongono immediatamente la lotta per la vita nelle specie, per il successo riproduttivo, in lotta delle razze. Due uomini giocano un ruolo particolarmente importante per trasporre la teoria dell’evoluzione in un senso razzista, un filosofo inglese Herbert Spencer e un biologo tedesco, Ernst Hekel. Spencer ridefinisce la lotta per la vita in un concetto dall’efficacia tautologica temibile, il concetto della sopravvivenza del più adatto. Il più adatto sopravvive. Dire che il motore dell’evoluzione è la sopravvivenza del più adatto è evidentemente la giustificazione del vincitore, di quello che ha la meglio. Era il più adatto e quindi aveva tutte le ragioni di vincere. Trasporre questo a livello di razze avrebbe significato giustificare la dominazione coloniale degli europei sugli indiani, sui neri e d’altra parte questo induce Hekel a non distinguere tra razze e specie e a proporre l’idea che ci sia molta minore differenza tra una scimmia e un nero che tra un nero e un europeo. Ecco come questa lettura della teoria dell’evoluzione inizia a stratificare l’ideologia scientifica razzista.

La scoperta della genetica e la teoria dell’evoluzione si fondono e la nuova teoria dell’evoluzione propone che la lotta per la vita equivalga al successo dei geni più potenti e più performanti che avranno la meglio. Secondo questa lettura la selezione delle specie è la selezione dei geni che danno i loro doni superiori a certe specie e, perché no, a certe razze. Un’altra interpretazione mortifera della teoria dell’evoluzione sarà il genismo di Francis Galton che propone che visto che nella lotta per la vita di natura non c’è alcuna pietà, gli esseri più deboli soccombono. Nella società umana ci sono forme di carità e quindi l’efficacia della selezione è molto attenuata. Se non si fa attenzione, i cattivi geni, i cattivi lignaggi avranno la meglio e quindi bisogna che i politici rimpiazzino la durezza della selezione naturale e promuovano la riproduzione dei più adatti e impediscano la riproduzione dei meno adatti.

Questa teoria sarà la teoria dominante fino alla seconda guerra mondiale da tutto il mondo scientifico. Ovunque ci saranno leggi basate sul genismo (Svizzera, Canada, Usa, Germania). Tra genismo e razzismo ci sono connesioni. La nuova definizione di razzismo prevede che esistano razze portatrici di geni migliori dei geni di altre razze e visto che il genismo consiste nell’eliminare i cattivi lignaggi inferiori, il razzismo biologizzante dei nazisti prevederà di eliminare le razze cattive per far sparire i geni cattivi. Ecco come, a partire da un pregiudizio, l’agglomerazione della scienza all’ideologia, sfocia in un colpo solo in una parte della storia dolorosa della prima metà del XX secolo.

Allo stesso momento sono apparsi, più o meno connessi a questa stratificazione scientifica dell’ideologia razzista diversi discorsi e, in particolare, quello sull’esistenza di una sola spacie e di più specie umane. Monocentrismo, monogenismo o poligenismo? Tutti gli uomini discendono da Adamo ed Eva o no? Qui si situa la leggenda della maledizione di Cham. Noè ha tre figli: Cham, Jaffeh e Sem. I neri discenderebbero da Cham, i semiti da Sem e gli europei da Jaffeh. Di conseguenza si propone una base poligenica al razzismo.

Psicometria e opinabili esperimenti

Bisogna avere ben chiaro in mente che fino alla seconda guerra mondiale la convinzione del razzismo scientifico è generale. Ci sono delle opposizioni ma sono largamente minoritarie. Le società di genetica si chiama società di eugenetica. Anche dopo la guerra ci sono numerose difficoltà per sapere se mantenere o no il termine razza nei testi internazionali e in realtà lo si è mantenuto. Esiste il termine razza in tutti i testi internazionali. Una delle filiere molto usate dai razzisti, quando si è costituita questa idelogia scientifica razzista, è la differenza delle potenzialità intellettuali e la questione del quoziente intellettivo. Brocca fece degli esperimenti molto importanti (tono ironico): ha preso dei crani vuoti e li ha riempiti di sabbia. Poi ha pesato la sebbia che i crani contenevano e ha concluso che in un cranio maschile poteva essere contenuta meno sabbia che in un cranio femminile e ha dedotto senza problemi che tale dato confermava la maggiore intelligenza degli uomini rispetto alle donne. Quindi non era soltanto razzista! Poi ha ripetuto l’esperimento con altre specie e in base alla sabbia si è messo a proporre tutta una gerarchia delle potenzialità mentali rilevate dalla misurazione del volume cranico. Siamo stati imbarazzati quando alcune dissezoni di grandi geni dell’umanità hanno mostrato che avevano un cervello piccolo e che la proporzionalità suggerita dagli opinabili esperimenti di Bocca non era assoluta.

Questo per dirvi la forza di queste convinzioni. Avete tutti sentito parlare delle scale di Binet? Binet era un sociologo dell’educazione che lavorava alla Sorbona. Sono molto fiero che il mio attuale laboratorio si trovi nel laboratorio che un giorno era di Binet. Binet ha trovato dei criteri predittivi delle difficoltà scolastiche che ebbero immediatamente un successo mondiale e soprattutto negli Usa i sociologhi e i psicometrici americani hanno iniziato ad usare il QI, quoziente di intelligenza, nel momento della leva di massa per inviare delle truppe a combattere in Europa e in Asia. Avevano milioni di persone sotto mano e hanno somministrato i test. E’ un episodio particolarmente ridicolo perché hanno a che fare con anglosassoni anglofoni e poi con immigrati recenti che comprendono male l’inglese. I sociologhi hanno concluso che, secondo questi test, è chiaro che la parte alta del paniere è occupato da Svedesi, popoli del Nord, Inglesi, insomma Wasp, bianchi, anglosassoni, protestanti che sono perfettamente integrati nella cultura statunitense e capiscono perfettamente le domande che sono loro poste mentre tra i peggiori ci sono gli italiani, gli spagnoli, i cinesi. Il fatto che siano all’origine di culture tra le più ricche del mondo non li disturba affatto. E poi ci sono gli africani che sono ancora un gradino sotto. E’ totalmente stupido, non ha alcun valore scientifico ma serve a promulgare l’immigration act del 1924 che limita considerevolmente l’arrivo dei popoli mediterranei, degli ebrei ecetera.

Il secondo dopoguerra

I pregiudizi sono straordinariamente importanti. Incontestabilmente vi è un trauma maggiore, legato alla barbarie nazista ma contrariamente a quel che si può credere questo trauma non fa che modificare l’espressione del pregiudizio razzista. Nel 1994, in una delle più grandi riviste di sociologia americana internazionale Murray e Renfield potranno pubblicare un articolo che mostra che le differenze sociali delle minoranze africane, afroamericane non sono legate a fattori culturali ma a fattori di possibilità ed è meglio creare delle riserve concepite per il livello massimo che possono raggiungere. Nel 2005 la prestigiosa rivista Science pubblica un articolo che propone che lo studio di certi geni particolari ha mostrato modificazioni accadute a due geni importanti dopo che l’uomo ha lasciato l’Africa suggerendo che gli uomini che hanno lasciato l’Africa siano più intelligenti di quelli che sono rimasti perché queste modificazioni migliorative sono avvenute 30.000 e 5.000 anni fa. Alla lettura di questo articolo uno scienziato non poteva che pensare che fosse debole, poi che fosse nullo e infatti era totalmente falso e la totalità di queste affermazioni è stata confutata.

La persistenza dei pregiudizi razzisti è tale che nel più importante giornale scientifico del mondo si possa ancora pubblicare un articolo molto debole di tale risma soltanto perché una gran parte dei lettori è intimamente persuasa della verità degli assunti su cui l’articolo si basa. Quando nel 2001 è stata pubblicata la sequenza del genoma umano, in un grande movimento di entusiasmo, gli scienziati hanno detto è meraviglioso, guardate, la sequenza di un africano, la sequenza di un cinese, di un giapponese, di un amerindio o di un abitante dell’Alaska sono praticamente uguali. Esiste una differenza su 10.000 basi. Sapete che l’alfabeto genetico è formato da 4 lettere A, C, G, T che formano una concatenazione ripetuta 3,4 miliardi di volte. Questo è il genoma umano. Si può paragonare questo concatenamento nelle persone per risalire alle loro origini ma anche facendo questi confronti si nota una grande omogeneità. Si prendono come campioni le persone che sono più lontane, ad esempio un aborigeno australiano e uno scandinavo e allora si può riscontrare una differenza ogni mille basi. Mi ricordo di aver letto è meraviglioso, adesso niente più razzismo. In realtà questo ottimismo era un’illusione altrettanto ideologica per due motivi, uno scientifico e uno ideologico.

La grande omogeneità dei genomi non fa che testimoniare quel che vi ho detto: tutte le etnie sulla Terra derivano da questa piccola popolazione che ha lasciato l’Africa poco tempo fa e in questo tempo ben poco di è modificato. Tuttavia una differenza ogni mille è basi è enorme. E’ sufficiente una mutazione su 3,2 milardi di basi per causare un ritardo mentale. D’altra parte questa volontà di appoggiare l’antirazzismo su una dimostrazione scientifica ha l’inconveniente maggiore che se mai si dimostrasse un’eterogeneità genetica nelle etnie, allora si supporrebbe che il razzismo potesse essere giustificato. Le differenze genetiche sono codificate dal dna. E’ normale che tali differenze fisiche corrispondano ad una differenza del dna e la reltà oggi è che con l’imporonta genetica si può ricostruire un ritratto molto più facilmente di prima. E’ certo che i geni codifichino le caratteristiche e l’aspetto del corpo e quindi quell’ottimismo deriva dall’entusiasmo e dai buoni sentimenti. L’ultimo elemento è che in realtà non c’è nessun nesso tra la realtà delle razze e il razzismo. Il pregiudizio razzista è anteriore alla costituzione dell’idea di razza e alla costituzione dell’idea di razzismo scientifico. Ultimamente si sono esplicati i peggiori comportamenti razzisti senza che l’idea di razza fosse coinvolta. Ricordate la guerra in ex Yugoslavia. Gli yugoslavi sono degli slavi del Sud. Ce ne sono che si sono convertiti all’Islam, i bosniaci, altri che si sono convertiti alla religione ortodossa, i serbi, altri ancora che si sono convertiti alla religione cattolica, i croati. Si sono verificati i peggiori comportamenti, sono avvenuti i peggiori fatti, i peggiori stereotipi, le peggiori maldicenze e gli esempi di questa natura sono in realtà innumerevoli.

La realta sociologica del razzismo

Qui a Malakof ci sono persone molto a modo e sono certo di avervi convinto che non esistano razze umane. Non eravate razzisti in partenza ma immaginiamo che qualcuno tra di voi fosse convinto che non esistano razze umane ma tuttavia, per ragioni familiari, avesse pregiudizi razzisti. Qualcuno ad un primo colpo d’occhio potrebbe notare qualuno e dire Guarda, lui è pallido e biondo, deve venire da là, lui ha veramente un tipo mediterraneo, lui sembra veramente africano. Io potrei riprendergli dicendo Vi basate sul colore della pelle. Il colore della pelle è un fenomeno che conosciamo molto bene oggi. Non ha nulla a che vedere con la formazione di una razza. In realtà la ragione per cui la pelle ha un tono più scuro, in Europa e in Asia, quando si va dal Nord al Sud, è unicamente un fenomeo di selezione, A Nord si sono selezionate delle pelli molto chiare perché, visto che non c’è molto sole, non bisogna fermare i raggi del sole che sono responsabili dell’attivazione della vitamina d, mezzo per lottare contro il rachitismo. Quando c’è del rachitismo, i bambini hanno delle malformazioni toraciche. Dove non c’è sole la pelle è bianca, là dove c’è molto sole, progressivamente pelli più scure sono state selezionate perché c’è sole in abbondanza e bisogna proteggersi dalle scottature e dai cancri alla pelle e dunque voi avete un continuum. Non si è o pallidi o neri. Si è molto chiari ad Oslo, io sono più scuro, tra Lille e Marsiglia non hanno la stessa tonalità di pelle, tra Algeri e Tamanrasset non c’è la stessa tonalità di pelle, tra Tamanrasset e Bangui ugualmente non hanno lo stesso solore della pelle e anche tra Bangui e Kinshasa non hanno esattamente la stessa tonalità di pelle. Ciò non toglie che la persona che avrò convinto uscirà dalla conferenza e dirà di riconoscere la provenienza delle persone. Una delle basi del razzismo è la difficoltà di vivere, di sentimento di aggressione, da parte dell’altro soprattutto se questo altro si riconosce per una differenza, qualunque sia l’origine della differenza. In realtà oggi la nuova forma di razzismo ha smesso di essere un razzismo razzialista, forse non completamente. Oggi ciò che si condanna sono le culture. Si parla di guerre di civiltà. Ciò che non si ammette è la cucina, è l’odore, sono le abitudini, è la religione, le tradizioni, gli usi e i costumi degli altri indipendentemente da ogni modificazione sociale. Qual è l’elemento fondamentale per lottare contro il razzismo? E’ sia storico che filosofico. Prima di tutto è ricordare cosa ha costituito le civiltà mondiali. Il mondo è evoluto solo a partire dalla notte dei tempi attraverso il meticciato fisico e culturale. E’ stato un motore fondamentale dell’evoluzione del mondo.  E’ perché i fenici sono stati acculturati dal contatto con ittiti, babilonesi ed egizi che, in seguito, con Cartagine, sono  stati in contatto con il mondo greco e etrusco, che gli estruschi e i greci hanno acculturato in gran parte Roma che Roma vince su Costantinopoli e riprende molta della cultura greca, è per questo che queste antiche civiltà sono nate. Quando Picasso ha scoperta l’arte africana è nato il cubismo e tutto ciò che è seguito. La musica nera e quella degli schiavi ha fecondato tutta la musica moderna. In tutta la storia, in realtà, noi siamo progrediti grazie al mescolio di differenze, grazie al meticciato. Così come il vero valore da difendere, la vera lotta al razzismo, non è nella scienza. Una volta che avremo confutato le stupidaggini della razza, non avremo combattuto davvero il razzismo. Invece, indicare quali sono i fondamenti delle nostre convinzoni profonde, del fatto che attraverso le differenze degli esseri umani, l’umanità condivide profondamente una dignità identica, questa è la base dell’azione antirazzista.

La foto è di Bruno Des Gayets, Paris, 2019

 

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