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Motivazione, obiettivi di riuscita e interesse in psicologia dell’apprendimento

Elena Bottari Aprile 25, 2019

Cosa fa sì che si decida di studiare e si incanalino energie, speranze, emozioni, riflessioni nello studio? Chi ce lo fa fare e quali sono i presupposti per poter compiere in autonomia questa scelta? Il masochismo non c’entra nulla e neanche il senso del dovere contribuisce all’attivazione di un comportamento motivato all’apprendimento.

Studiare è molto complicato. Si tratta di un processo di enorme complessità che riguarda anche elementi affettivi, relazionali, di contesto e che può venire condizionato dall’interesse, dal tipo di approccio motivazionale e da quanto ci facciamo condizionare dalle aspettative sociali o dalla paura di fallire.

La scuola non è un quiz a premi ma a volte rischia di assomigliargli e gli studenti possono sentirsi molto in ansia e spaventati all’idea di registrare un insuccesso.

Ogni studente possiede delle conoscenze alle quali nuovi concetti si integreranno o, in caso di contraddizione, dovrà operare una ristrutturazione cognitiva. Ogni maledetto giorno, lo studente mette in gioco la fiducia in sé e nella scuola (nei suoi valori e nella comunità che la compone). Se non lo fa è perché pensa di non poter conseguire buoni risultati e ha paura di sentirsi umiliato nel processo di apprendimento. Ogni individuo deve fare i conti con la classe e i suoi obiettivi, non sempre coerenti con i propri obiettivi personali e si trova a mettere alla prova il proprio senso di efficacia.

L’interesse è un ingrediente cognitivo fondamentale ma si può avere interesse per una materia o un argomento di cui si sa già qualcosa. Per questo è importante presentare ai bambini sfere del sapere diverse, attività di scoperta eterogenee. Grazie all’interesse è possibile consolidare le nostre conoscenze in una determinata disciplina, dal più semplice interesse situazionale fino all’interesse ben sviluppato. Per sviluppare al massimo un interesse, occorre avere costanza e attribuire al sistema di contenuti che lo suscita un valore affettivo positivo.

Lo psicologo di Harvard Robert White nel 1959 coniò il termine effectance per definire il bisogno di agire con efficacia nell’ambiente. Tale bisogno di acquisire competenza accomuna umani ed animali superiori. L’effectance ha a che fare con l’interesse e con la motivazione intrinseca che è innata in alcuni soggetti ed è lo stato mentale che proviamo quando ci impegnamo in un’attività che ci piace e in cui siamo competenti. In questo caso, l’apprendimento, liberamente scelto, è di per sé gratificante. La motivazione estrinseca è invece quel tipo di motivazione che ci fa inseguire premi, riconoscimenti o evitare conseguenze nagative.

Motivazione intrinseca ed estrinseca corrispondono a diversi obiettivi di riuscita, rispettivamente all’obiettivo di padronanza e a quello di prestazione.

Cosa sono gli obiettivi di riuscita?

Non sono obiettivi su cui far convergere piani e strategie ma ragioni per cui impegnarsi. Spesso orientamento di padronanza e di prestazione si mescolano con la prevalenza dell’uno o dell’altro.

L’orientamento di padronanza e quello di prestazione sono modi di predisporsi alla riuscita, sia che si voglia padroneggiare una conoscenza specifica, sia che si voglia mostrare la propria conscenza agli altri e avere riconoscimenti esterni. Sono approcci positivi e adattivi. L’approccio negativo, maladattivo, è quello di evitamento. Le strategie di autostacolo sono strategie di fallimento che si esplicano con:

  • procrastinazione
  • creazione di condizioni preliminari sfavorevoli al successo
  • ostentazione di scarso impegno  come scelta consapevole

La fuga, insomma, è una strategia di evitamento o di allontanamento che rischia di vanificare la missione scolastica che è trasmettere sapere consolidato alle nuove generazioni. Apprendere serve a interiorizzare strutture concettuali complesse che si integrino con le conoscenze già presenti e al vissuto degli individui in modo ri-creativo, personale e flessibile.

La paura del giudizio e del fallimento allontanano studentesse e studenti dall’approccio al sapere.

Obiettivi di padronanza e di prestazione

Le persone che hanno un obiettivo di padronanza desiderano sviluppare la propria competenza. Il successo per loro è appropriarsi di abilità, impegnarsi e far fronte alle difficoltà. Gli obiettivi non riguardano il sé o gli altri ma il compito che ci si prefigge. L’individuo punta a riuscire ad imparare, non a ottenere risultati migliori dei compagni. Gli errori sono normali tappe dell’apprendimento.

Chi persegue obiettivi di prestazione pone all’esterno il baricentro del proprio successo: il desiderio dominante è quello di ottenere riconoscimento sociale (da insegnanti, compagni e genitori). Il successo, in questo caso, è dato dal primeggiare sui pari o dall’essere elogiati. Gli errori sono visti come sconfitte e prove di poca capacità.

Come evitare l’instaurarsi di approcci maladattivi?

La percezione di scarsa capacità induce strategie di evitamento. Per incoraggiare la classe ad adottare obiettivi di padronanza e un’affettività positiva bisogna che i valori della classe favoriscano l’impegno e l’importanza di imparare.

Ecco alcune caratteristiche di una classe che supporti obiettivi di padronanza:

  • commento degli errori come fasi del processo di apprendimento e occasioni di approfondimento
  • svolgimento di attività che i ragazzi sentano come importanti
  • svolgimento di attività eterogenee
  • promozione dell’autonomia che non significa fare a meno degli altri ma sentirsi origine del proprio comportamento
  • proposizione di compiti non troppo ardui da affrontare (l’estrema difficoltà favorisce l’evitamento)
  • piacevolezza dell’apprendimento
  • promozione di processi di interiorizzazione di comportamenti virtuosi in modo che comportamenti estrinsecamente motivati diventino significativi per gli individui (perché coerenti con i loro valori)

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La foto è di U.S. national archive 

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