Friday for future a Torino
Elena Bottari Settembre 25, 2021Torino ha sempre risposto con entusiasmo alle marce per il clima e alle iniziative di Friday for future. Sarà il passato industriale, saranno le polveri sottili, sarà l’effetto che fa sull’umore una città inquinata e non proprio vivibile ma il tema ambientale è dolorosamente sentito, soprattutto dai più giovani. Ad ogni grande evento seguono più o meno brevi segnalazioni, raramente approfondite ed è difficile avere un’idea d’insieme che registri i cambiamenti e i temi via via più cruciali sostenuti dal movimento di Greta Thumberg assieme ad associazioni come Extincion rebellion.
Friday for future non è nato ieri ed è giunto il momento di raccogliere un po’ di immagini e parole che servano da testimonianza di un fenomeno tutt’altro che torrentizio, tollerato con un certo fastidio quando non colpevolmente snobbato dal “mondo adulto”.
Il rischio è di prendere sottogamba le questioni di capitale importanza rivendicate e i non trascurabili aspetti intergenerazionali trattati nel saggio filosofico L’emergenza del futuro, di Ferdinando G. Menga. Parte dell’opinione pubblica e della stampa sta essenzializzando i ragazzi, sostituendo un pregiudizio scelto a caso alla loro profonda eterogeneità, alla loro complessità.
Quali sono oggi i temi più urgenti del movimento?
- Veloce riduzione delle emissioni fino al loro azzeramento, unica condizione per poter stabilizzare le temperature (report IPCC)
- Presa in carico dell’emergenza climatica in tutta la sua gravità
- Azioni radicali da parte della politica che sta continuando a pensare molto più al pil che alla sopravvivenza delle persone
- Vera conversione dei sistemi produttivi, di trasporto
- Accountability della politica sulla crisi climatica
- Giustizia sociale e giustizia climatica
- Educazione ambientale rispondente ai problemi reali e non coerente con i temi del green-washing che colpevolizza i singoli e scagiona i colossi più inquinanti, tra cui Eni che è delegata alla formazione ambientale nelle scuole, in totale conflitto di interesse
Tra panico morale ed acquiescenza, rischiamo di pensare molto a difendere i nostri privilegi e affatto al futuro che speriamo roseo, solo per i nostri figli, come per magia.
Ascoltiamoli!
Power to the people 24/09/2021
Siamo qui per chiedere azioni immediate per contenere la crisi climatica, una crisi climatica che è già qui, è già in Italia. Il clima è cambiato! The world is on fire. A livello di incendi quest’anno, l’Italia è stata la più colpita d’Europa. Più di 150.000 ettari sono andati in fumo in Sardegna, Sicilia e nel resto d’Italia. Migliaia di persone sfollate, più di 20 milioni di animali arsi vivi. Negli stessi giorni, l’Italia è stata attraversata da un’ondata di calore che ha fatto registrare un nuovo record, quasi 49 gradi a Siracusa e temperature bollenti in tutto il Sud Italia. E per l’Italia che va a fuoco ce n’è una che fonde al sole. I nostri ghiacciai arretrano come mai prima d’ora. Nel 2020, il Ghiacciaio del Gran Paradiso è arretrato di 335 metri e, se continuiamo così, entro la fine del secolo, più del 40% dei ghiacciai sarà scomparso. Ci sono posti dove l’acqua scarseggia e altri dove ce n’è troppa. Siamo il paese europeo con la più alta esposizione economica al rischio alluvionale. Il 2 e il 3 ottobre scorsi, metà dell’acqua che normalmente cade in un anno, è caduta in due giorni inondando Piemonte e Valle d’Aosta. Un miliardo di euro di danni economici e vogliamo parlare dell’agricoltura? Negli ultimi 10 anni la Coldiretti ha stimato che sono 14 i miliardi di euro di danni a causa del maltempo. Gelate tardive, bombe d’acqua, raffiche di vento, trombe d’aria, tempeste di fulmini, violenti grandinate. Perché volete chiamarle maltempo? É crisi climatica. Smettiamo di chiamarlo maltempo. è crisi climatica. E allora ricordiamolo oggi a chi ci guarda scendere in piazza, ai governi e alle multinazionali che scaricano la responsabilità sugli individui, che cercano di dare la colpa a noi, diciamo loro di chi è il potere. Power to the people!
Bashir 09/10/2020
Salve a tutti, mi chiamo Bashir. Vengo da un paese dell’Africa che si chiama Burkina Faso. Noi soffriamo ma non è colpa nostra ma il clima è più cattivo per l’inquinamento che viene dai paesi più ricchi. Noi veniamo in piazza con voi. Siamo qua come Comori per il clima. Veniamo in piazza tutti i giorni. Al mercato raccogliamo la frutta e la verdura come banane, pere, melanzane. Li diamo a chi ne ha più bisogno. Questo lavoro speriamo che diventi più forte per noi, perché è buono per tutti, anche per difendere l’ambiente.
7 anni 09/10/2020
Quanti anni ci rimangono per poter invertire la rotta se continuiamo con questo modello di sviluppo prima di raggiungere il punto di non ritorno dei cambiamenti climatici? Gli anni che ci rimangono per azzerare le nostre emissioni, per evitare di continuare con questo modello di sviluppo sono 7. Se andremo avanti così non potremo più evitare il riscaldamento globale.
Politiche radicalmente anti-inquinamento
Qua in mezzo a noi ci sono studenti, lavoratori, pensionati e tra di noi abbiamo visto anche diversi candidati politici, alcuni candidati sindaco. Il messaggio che vorremmo lanciare a queste persone è che a noi non interessa vederli in piazza, fare le foto durante le manifestazioni dei ragazzi. A noi interessa che chi verrà eletto il 3 e il 4 ottobre a Palazzo Civico, dia una vera svolta a questa città, affronti seriamente il problema dell’inquinamento che ogni anno uccide 900 persone solo a Torino. Vogliamo che si affronti un problema che toglie ad ognuno di noi in questa piazza due anni di aspettativa di vita.
A difesa di attiviste e di attivisti
Oggi per noi è un momento di rabbia collettiva ma anche di gioia. Gioia nel vedere che non siamo sole nella lotta contro la crisi climatica, nel sentire altre mille voci unirsi alla nostra ma non è così per tutti. In molte parti del mondo, di attivismo si muore. Nel 2020 si è toccato un nuovo record di attiviste e di attivisti ambientali uccisi. Sono stati 277, circa 4 alla settimana, uccisi perché scomodi, perché la loro voce era troppo disturbante. Nel 2021 poi, abbiamo toccato anche un nuovo record di morti, in seguito ad eventi meteorologici estremi. Il nostro pensiero oggi va anche a queste persone, perché non si muoia più di crisi climatica.
La prossima settimana, a Milano, i nostri cosidetti leader mondiali si incontreranno per prepararsi alla ventiseiesima conferenza sul clima di novembre a Glasgow. Sarà una festa, una festa della fine del mondo. Fisseranno qualche nuovo, ambizioso obiettivo, vago e pieno di scappatoie. Sono così bravi a farlo! Si impegnano così tanto a raccontarci bugie ben impacchettate su come serva agire con urgenza per guidare la transizione. Si impegnano così tanto a farci credere che si stiano affrontando le cose. Si impegnano a farci pensare che non sarà lasciato indietro nessuno ma il 2020 è previsto sarà l’anno con le più alte emissioni di sempre e nei conti per la ripartenza, i paesi del g7 hanno speso decine di miliardi in più nei combustibili fossili che nelle fonti rinnovabili. Le voci delle persone più colpite, nelle aree più colpite continuano ad essere ignorate e silenziate. Vorrei sapere come pensano che questo abbia a che vedere con l’affrontare la crisi climatica. E vorrei sapere per quanto tempo ancora credono di poter continuare a non prendersi le proprie responsabilità e a farla franca. Noi ci siamo accorti del loro gioco mortale e abbiamo deciso di uscire dalla nostra zona sicura, di fare un passo avanti e di agire. Noi, qui e ora, siamo la speranza. Ci sono stati decenni di parole vuote, vertici vuoti, conferenze vuote. Ora ci servono azioni e non ci fermeremo fino a quando non le avremo ottenute. Non ci fermeremo finché i leader mondiali non si prenderanno le loro responsabilità.
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